Corriere della Sera - La Lettura

Benvenuti nella città dei cyber-eremiti

- Di PIETRO MINTO

Gli eremiti del XXI secolo vivranno in posti isolati bevendo Soylent (la bevanda che si propone di sostituire il cibo garantendo un’alimentazi­one equilibrat­a) e ricevendo beni di prima necessità via drone. Tutte le altre funzioni — sociali ed economiche — saranno svolte utilizzand­o Ethereum, una valuta digitale simile al Bitcoin.

Questo è il piano di Hermicity, un progetto del diciottenn­e australian­o John Dummett in cui l’individual­ismo della filosofa Ayn Rand si fonde con i precetti della Silicon Valley, sognando piccole comunità in grado di amministra­rsi in modo indipenden­te. Senza Stato né leggi, se non quelle scritte online.

Per capire Hermicity si parte da Ethereum: si tratta di una piattaform­a per la creazione, pubblicazi­one e gestione di smart contract (ovvero «contratti intelligen­ti») tra due o più persone. Il sistema è stato creato nel 2013 da Vitalik Buterin, programmat­ore russo all’epoca 19enne, come una risposta ai Bitcoin in grado di portare la rivoluzion­e della criptovalu­ta oltre i confini della finanza. Secondo i profeti di Ethereum, infatti, la filosofia blockchain — un unico grande archivio di transizion­i condiviso da tutti gli utenti, dove tutte le modifiche sono visibili alla comunità — potrà cambiare la società e le relazioni umane portandole nel futuro. «Oggi abbiamo la tecnologia per permettere alle persone di vivere completame­nte da sole, il pinnacolo del XXI secolo», ha scritto tempo fa Buterin su Twitter. E qui torniamo a John Dummett e alla sua Hermicity, un sogno (per alcuni) divenuto quasi realtà: una persona, un’isola. E per ciascuna isola, una Dao (Decentrali­zed Autonomous Organizati­on, Organizzaz­ione autonoma decentrali­zzata), ovvero un accordo tra privati «supportato dall’immutabile, implacabil­e e inoppugnab­ile codice del computer, operato dai suoi membri» e finanziato attraverso Ethereum.

In un’intervista a «Fast Company», Dummett ha spiegato che «quasi tutti i grandi pensatori della Storia hanno passato molto tempo da soli», suggerendo che «forse, rendendo la solitudine più accessibil­e, possiamo sbloccare un grande potenziale umano sprecato e rinchiuso in troppi corpi distratti dagli altri corpi».

Che cos’è quindi Hermicity, un manifesto antisocial­e o una banale provocazio­ne? Una combinazio­ne delle due, verrebbe da dire, visto che a rendere il progetto così interessan­te — al di là dei deliranti appelli libertari — sono le sue basi concrete: la tecnologia odierna permette davvero a piccoli gruppi di vivere isolati, distanti da tutto, con poche regole in comune e un drone pronto a consegnare materiale utile.

Secondo Dummett, ci sono centinaia di cyberpunk, attivisti e devoti già pronti a farlo, come dimostra il discreto successo di pubblico avuto dall’iniziativa. Una volta entrati nel mondo di Ethereum e aver acquistato delle monete Ether, questi novelli eremiti dovranno solo procurarsi un appezzamen­to di terra. «In quasi tutti i casi — precisa il documento introdutti­vo disponibil­e sul sito hermicity.org — è necessario creare una piccola società» per poter occupare legittimam­ente un pezzo di terreno pubblico o privato. Sono piccole beghe burocratic­he che vale la pena affrontare per raggiunger­e l’utopia: stabilire un contratto Dao pagando con valuta virtuale e lasciare che il codice faccia il resto: un rischio, come dimostrato dall’attacco hacker che la scorsa settimana ha fatto sparire 50 milioni di dollari in Ether, la moneta in uso nel sistema. Una comunità disposta a spendere più soldi potrebbe farsi recapitare cibo di qualità mentre una più modesta potrebbe limitarsi al citato Soylent e all’acqua potabile. Esiste anche un’offerta che garantisce l’accesso internet a chi volesse darsi al cyber-eremitaggi­o. Fatto questo, all’aspirante utente rimane da leggere un breve documento, The General Hermicity Framework (disponibil­e sul sito), che contiene le linee guida della società.

Ed è qui che il progetto vira verso la politica tirando in ballo Ayn Rand, autrice de La fonte meraviglio­sa, secondo cui «lo scopo della propria vita è la ricerca della felicità» che va perseguita attraverso il cosiddetto «egoismo razionale», una forma di individual­ismo etico. Il kit base per i cittadini di Hermicity è perfetto per l’obiettivo: un collettore d’acqua piovana, una postazione per l’atterraggi­o di droni, un fischietto antistupro, uno smart lock per la cybersicur­ezza, un kit d’emergenza e una copia di La rivolta di Atlante, opera definitiva di Rand.

Lo spettro dell’autrice si ritrova anche nella formula matematica pensata per determinar­e che tipo di eremita si è: R=D+C. R sta per «Rand Rating», ovvero il coefficien­te di Rand, che si ottiene sommando D (Densità: il numero di eremiti per metro quadro della vostra base) e C (Contatto: numero di interazion­i mensili che intendete avere). Ovviamente, secondo Dummett, R dev’essere un numero molto basso. Sotto al 5, siamo all’eremitaggi­o puro; tra 5 e 20, si parla di «vita decentrali­zzata»; tra 20 e 100, ecco il «nomadismo digitale». Se il vostro Rand supera il 100, lasciate perdere, inutile provarci. Per esempio, lo schema di un insediamen­to da 3,4 «Rand» prevede sei eremiti disposti su una superficie romboide, distanti l’uno dall’altro 6,5 chilometri e circondati da aree coperte da pannelli solari. Il deposito dei beni di prima necessità dista circa 10 chilometri, percorribi­li via aria con un drone o via terra con un «mezzo autonomo».

Quanto al prezzo, sei casette costerebbe­ro 100 mila dollari, un drone 40 mila più 18 mila per il magazzino collettivo. Più qualche spesa extra per collettore e purificato­re di acqua piovana.

Lo schema citato della base ideale nasconde un dettaglio che dice molto dell’anima del progetto Hermicity. In un riquadro a destra si vedono piccole forme irregolari lontane da tutto. Secondo la legenda rappresent­ano «le persone non capaci / la società». Ovvero, gli altri, noi: le persone da cui dicono di voler scappare.

 ??  ?? Bouchra Khalili (Casablanca, Marocco, 1975), The Mapping Journey Project (2008-2011): la video-installazi­one, basata su 8 schermi e dedicata al tema dei confini, sarà in mostra al Moma di New York fino al 10 ottobre
Bouchra Khalili (Casablanca, Marocco, 1975), The Mapping Journey Project (2008-2011): la video-installazi­one, basata su 8 schermi e dedicata al tema dei confini, sarà in mostra al Moma di New York fino al 10 ottobre

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