Corriere della Sera - La Lettura
Il creazionismo senza Dio di Anassagora & C.
David Sedley: i filosofi greci ritenevano che un’intelligenza governasse il cosmo Il pensatore inglese difende gli studi classici e spiega perché non c’è bisogno della fede biblica per credere che il mondo abbia un fine
Iprimi commenti che facciamo, quando incontro David Sedley, a lungo docente di Storia della filosofia antica a Cambridge, riguardano naturalmente il voto inglese per l’uscita dall’Ue. Ma cerchiamo di non dilungarci su questo tema, su cui così tanto si è già scritto e si continua a scrivere. Non resistiamo però alla tentazione di rievocare il vecchio Platone: tanto disprezzato nel corso del Novecento per le sue posizioni illiberali, si sta prendendo qualche rivincita. Sembra che molti cittadini approfittino di votazioni ed elezioni più per esprimere rabbia o scontento che per curare i loro interessi reali. Vale probabilmente per la Brexit, ma non solo, se si pensa alle elezioni americane o a come si sta sviluppando da noi il dibattito sulla riforma costituzionale. Le passioni prevalgono sull’analisi razionale: era una delle ragioni per cui Platone riteneva la democrazia una forma di governo inaffidabile…
DAVID SEDLEY — Senza volere attaccare la democrazia, bisogna comunque avere il coraggio di riconoscere che c’è un problema che riguarda la difficoltà effettiva di impostare politiche di lungo respiro. Troppo spesso le esigenze immediate legate alla necessità di vincere un’elezione condizionano le scelte politiche. Così è stato per Cameron quando ha promesso il referendum per ricompattare il suo partito, ma gli esempi si sprecano. E i rischi si moltiplicano: penso in particolare al riscaldamento globale. Ci vorrebbe un governo mondiale, ma se ne parla solo nei romanzi di fantascienza.
MAURO BONAZZI — Nei romanzi di fantascienza i governi mondiali sono sempre dittature…
DAVID SEDLEY — Vero! Ma difficilmente i singoli Stati hanno la forza per legiferare su grandi questioni, dai problemi climatici all’inquinamento, ai diritti umani. Questa è una delle tante ragioni per cui il voto inglese è un passo compiuto nella direzione sbagliata.
MAURO BONAZZI — Il tuo libro più famoso e più discusso è dedicato al creazionismo nell’antichità greca e latina. Non pochi lettori sono rimasti sorpresi. Quello del creazionismo è un argomento di scottante attualità, soprattutto in America, ma è convinzione diffusa che il problema sia nato lontano dalla Grecia, con la Bibbia e l’idea di un Dio che crea l’universo dal nulla.
DAVID SEDLEY — Non è una questione che riguarda la Bibbia soltanto. Uno dei temi centrali di tutta la filosofia greca riguarda il modo in cui il cosmo, e l’umanità più specificamente, si sono venuti formando, fino a diventare quello che sono. Molti filosofi greci erano convinti che il mondo avesse avuto un inizio, e discussero
animatamente per stabilire se alla base di questo processo ci fosse un principio intelligente o cause soltanto fisiche.
MAURO BONAZZI — Sono d’accordo. In effetti, il problema più interessante, ieri come oggi, non riguarda tanto se Dio abbia creato o no il mondo dal nulla, quanto se una concezione strettamente materialistica sia sufficiente o meno a rendere conto dell’universo. L’aspetto più controverso e stimolante del libro è la distinzione tra due versioni differenti di creazionismo: un creazionismo religioso e uno scientifico. Il primo è quello a cui si pensa normalmente (anche se è una sorpresa scoprire che l’idea sia stata per la prima volta sviluppata da Socrate). Il fatto stesso che si possa parlare di creazionismo scientifico è invece inusuale: oggi sono due parole che nessuno si sognerebbe di tenere insieme.
DAVID SEDLEY — È quello che è successo nell’antichità. Il problema filosofico di fondo riguarda l’ordine e la razionalità del cosmo: da dove provengono? Come renderne conto? L’adozione di spiegazioni di tipo finalistico, l’idea che i processi naturali siano organizzati in vista di uno scopo, dipende dal rifiuto di pensare che meccanismi così complessi potessero essersi formati casualmente. Non è necessario ricorrere subito all’ipotesi di un intervento divino. Il punto decisivo per gli antichi è la convinzione che solo postulando l’esistenza di processi finalistici si possa comprendere il funzionamento della realtà, così come si dispiega davanti a noi. Era la tesi di Anassagora, il primo creazionista (scientifico), nel V secolo a.C.: perché si dia il mondo ci devono per forza essere due cose, non solo la materia, ma anche qualcosa distinto da essa che la muova; e visto che il risultato di tale movimento è un mondo ordinato, se ne inferisce che la causa del movimento è un’entità separata, che Anassagora chiama semplicemente Intelligenza. Questa è una tesi metafisica, non religiosa, anche se è facile capire come potesse essere riformulata in senso teologico. Platone e gli stoici non hanno fatto che approfondire e sviluppare, ognuno a modo proprio, questa in- tuizione: l’intelligenza e la materia sono due fattori distinti e irriducibili nella costituzione del cosmo.
MAURO BONAZZI — Le uniche eccezioni sono Democrito e soprattutto Epicuro, che si opposero all’idea di un intervento intelligente o divino: per spiegare l’origine dell’universo basta postulare l’esistenza di un numero infinito di elementi primari (gli atomi), che si organizzano in un numero infinito di combinazioni. Metti una scimmia davanti a una tastiera: dato un numero infinito di tentativi, niente impedisce che prima o poi, battendo i tasti a caso, riscriva la Divina Commedia.
DAVID SEDLEY — In effetti, Epicuro, sempre disprezzato nell’antichità, potrebbe oggi replicare che solo le sue teorie, secondo cui sia il nostro mondo sia gli esseri umani sono il risultato di un intreccio accidentale di eventi fisici, hanno trovato conferma nelle scoperte scientifiche moderne. Ma senza il supporto teorico dell’evoluzionismo e della cosmologia attuale le sue intuizioni, per quanto acute, non reggono il confronto con le teorie fisiche di Platone e Aristotele.
MAURO BONAZZI — Mi aspettavo un giudizio diverso dal più importante studioso mondiale di Epicuro!
DAVID SEDLEY — Il contributo filosofico di Platone e Aristotele non può essere paragonato con quello di nessun altro.
MAURO BONAZZI — Ma visto che le principali teorie dei filosofi greci si sono rivelate sbagliate, quale è l’utilità del loro pensiero oggi? Ne abbiamo ancora bisogno?
DAVID SEDLEY — La storia della filosofia è utile quando insegna a indagare e capire le ragioni di chi la pensa diversamente. Per questa ragione i filosofi greci meritano di essere studiati ancora oggi. Leggerli aiuta a comprendere meglio i problemi osservandoli da prospettive nuove, anche quando in discussione sono alcune teorie che oggi si sono dimostrate sbagliate. Significativamente, questo è proprio quello che i sostenitori attuali della teoria del creazionismo non fanno, convinti come sono dei loro dogmi. Un obiettivo del libro, che nasce da lezioni tenute negli Stati Uniti, era di mostrare che la tesi creazionista non è prerogativa esclusiva di una qualche tradizione religiosa, ma è nata come un tentativo di spiegazione razionale dell’universo: è stato un passaggio naturale della ricerca scientifica, in competizione con altri modelli, prima di arrivare alle soluzioni attuali. Niente di più lontano dunque dalle polemiche odierne contro la scienza, in cui l’unico interesse dei creazionisti è gettare discredito sulle teorie che si oppongono alle loro credenze. Quel che è peggio, queste stesse persone
Emozioni e forme di governo Bonazzi: «La vicenda Brexit mostra che spesso nel voto le passioni prevalgono sull’analisi razionale. Era una delle ragioni per cui Platone riteneva inaffidabile la democrazia»