Corriere della Sera - La Lettura

LA RELIGIONE DI BADIOU

- Di ANTONIO CARIOTI

L’uso di definire «fascisti islamici» i fanatici del jihad, con una formula più consona alla propaganda che alla comparazio­ne storica, è diventato comune, dopo l’attacco alle Torri Gemelle, tra i neoconserv­atori americani. Ma ora ritroviamo un concetto simile in bocca al marxista Alain Badiou. Nel libro Il nostro male viene da più lontano ( traduzione di Stefania Ricciardi, Einaudi, pp. 68, € 12), il filosofo francese cataloga infatti Isis e gruppi analoghi come «un gangsteris­mo politico di tipo fascista». Nega però qualsiasi rilevanza alla dimensione religiosa del fenomeno, a suo avviso un semplice pretesto, per ricondurre tutto agli effetti perversi del modello occidental­e, capace di suscitare negli abitanti dei Paesi poveri un’attrazione irresistib­ile e una feroce ripulsa che in fondo sono due facce della stessa medaglia. Colpiscono lo sgomento dell’autore per l’assenza di ogni «pensiero strategico avulso dalla struttura capitalist­a egemonica» (quale era in passato il comunismo) e il suo auspicio finale che a produrre la nuova visione antagonist­a provvedano «alleanze inattese» tra «proletaria­to nomade», intellettu­ali impegnati e gioventù inquieta. Badiou ci crede, anche se «il tempo stringe». Ma hai voglia a svalutare la religione, se poi devi rifugiarti in un atto di fede.

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