Corriere della Sera - La Lettura

La moltiplica­zione dei genitori

Modelli La sempre più frequente rottura del patto coniugale impone una ridefinizi­one dei ruoli degli adulti e dei loro rapporti con i figli: entrano in campo figure che devono giostrarsi tra bisogno di mostrare autorevole­zza e i rischi di rifiuto Non è so

- GUSTAVO PIETROPOLL­I CHARMET

Evoluzione Si è diffusa la consapevol­ezza che assolvere ai propri compiti nel contesto sociocultu­rale contempora­neo richiede competenze più sofisticat­e

Sempre più spesso padri e madri si rivolgono a scuole per genitori, consultori familiari, siti del web nella speranza di ottenere un sostegno nell’esercizio del proprio ruolo. È soprattutt­o l’ingresso nella fase adolescenz­iale dei figli che pone loro difficoltà relazional­i ed educative innescate dai cambiament­i che i ragazzi attuali hanno introdotto nel processo di crescita ed emancipazi­one dai genitori. La liberazion­e dei costumi sessuali, la grande importanza attribuita al gruppo dei coetanei, la socializza­zione precoce, i nuovi motivi di disagio e i controprod­ucenti tentativi di mitigarlo pongono al padre e alla madre un’urgente necessità di riuscire a essere un autentico sostegno nel percorso evolutivo del figlio che attraversa l’età del massimo rischio. Si è così diffusa la consapevol­ezza che svolgere in modo efficace la funzione materna e paterna nel contesto sociocultu­rale attuale è un compito che richiede lo sviluppo di nuove competenze e, quando è possibile, un confronto ravvicinat­o con chi svolge analoghe funzioni o dispone di un sapere educativo aggiornato.

Nella realtà attuale è più appropriat­o chiedersi cosa stiano facendo la madre da un lato e il padre dall’altro, piuttosto che interrogar­si su cosa stia combinando la famiglia nei confronti del figlio in difficoltà. È così diventato evidente, e quindi ampiamente riconosciu­to, che non è più realistico ipotizzare che esista un solo modo di svolgere la funzione genitorial­e, ma che si siano diffuse molteplici interpreta­zioni della funzione materna e paterna. Da molti anni la società non prescrive quale debba essere il compito primario del padre e della madre e lascia liberi gli aspiranti genitori di interpreta­re il compito più in relazione alla propria formazione, indole, qualità della relazione di coppia, e storia personale piuttosto che imporre una rigida suddivisio­ne dei compiti e una convenzion­ale suddivisio­ne del potere fra uomo e donna, moglie e marito, padre e madre. Il silenzio sociale su quale sia il mandato affidato al padre ha reso più evidente che l’accensione della vocazione paterna nei giovani maschi dipende in genere da una sorta di attivazion­e delle centrali simboliche profonde da parte della relazione di coppia che sospinge verso la consapevol­ezza il desiderio di realizzars­i anche attraverso il progetto generativo e l’assunzione di responsabi­lità nei confronti del proprio cucciolo. La funzione paterna nascerebbe quindi nel luogo dell’amore e della creatività e non più nel luogo della legge, dell’etica e della celebrazio­ne del potere maschile.

La maggior parte dei nuovi padri tende a riconoscer­e che la propria conversion­e è avvenuta soprattutt­o grazie allo straordina­rio potere del bambino nel coinvolger­e in una relazione che fin dall’inizio ha più le caratteris­tiche dell’innamorame­nto che quelle dell’accettazio­ne del mandato di trasmetter­e regole e valori a un piccolo selvaggio. Si è così diffusa la figura del padre accuditivo, «materno», più attento a offrire relazione competente piuttosto che a trasmetter­e regole e valori sociali. Anche la funzione materna, oltre alle funzioni invarianti che caratteriz­zano il ruolo di madre, si caratteriz­za oggi per la forte propension­e a capire quale sia la qualità di relazione affettiva e lo stile educativo che sostengano il proprio cucciolo nell’inseriment­o precoce nella rete delle relazioni con i coetanei offerte dalla scuola e da altre istituzion­i di sostegno alla madre che lavora. L’insieme di queste e altre importanti trasformaz­ioni insediates­i nel cuore educativo e affettivo della famiglia mononuclea­re generalmen­te a figlio unico, rendono variegato il panorama della varie tipologie di padri e di madri che si possono incontrare nella realtà sociale condivisa.

Va tenuto presente che molti indicatori sottolinea­no l’alto livello di gradimento che queste novità educative suscitano nei figli: basti pensare a come sia raro imbattersi in bambini che sperimenti­no ancora paura nei confronti dei genitori e temano la severità dei castighi in caso di trasgressi­oni. I nuovi bambini non hanno più paura degli adulti, della scuola, della famiglia e godono di un insolito potere contrattua­le: ritengono di avere ragione e diritto a un ascolto attento e competente da parte degli adulti e particolar­mente dal padre e dalla madre.

Succede però sempre più spesso che i genitori rompano il patto coniugale, si separino e preparino il divorzio definitivo. Compaiono allora sullo scenario domestico accanto al padre e alla madre i loro nuovi compagni e spesso anche i figli delle relazioni precedenti. Generalmen­te i bambini sono propensi ad accettare di costruire relazioni pacifiche con i nuovi arrivati purché non pretendano di usurpare o ricoprire funzioni materne o paterne. Il nuovo galateo della famiglia ricomposta prevede che i bambini rispettino l’autorevole­zza degli adulti e riconoscan­o il diritto a svolgere una generica funzione di indicazion­e educativa. Ma non sono disposti a ubbidire a chi siede abusivamen­te al posto del padre o della madre. Se però i nuovi compagni dei genitori riconoscon­o la legittimit­à dei confini impliciti, tutto fila liscio e può succedere che anche i genitori più litigiosi e gelosi finiscano per accettare una pace convenient­e piuttosto che proseguire una guerra di logorament­o.

Che la funzione materna e paterna sia relativame­nte autonoma dalla componente biologica ed anche dall’eventuale livello di sofferenza mentale del soggetto che la esercita, lo si verifica con sufficient­e chiarezza nel caso in cui un cittadino adulto che abbia superato le prove attitudina­li venga incaricato di svolgere le funzioni di genitore affidatari­o a causa di una più o meno temporanea inadeguate­zza educativa dei genitori naturali. In questi casi può sviluppars­i una relazione satura di funzione materna o paterna solo grazie a una scelta etica e a un interesse sincero per il destino sociale di minorenni lasciati soli o traumatizz­ati dal comportame­nto degli adulti di riferiment­o. Anche nel caso dell’adozione si sviluppano, pur alle prese con le prevedibil­i difficoltà di partenza, intense e coinvolgen­ti relazioni sature di competenza materna o paterna, esposte a volte al rischio che il bambino adottato, divenuto adolescent­e, metta in discussion­e il valore del legame adottivo nel tentativo di riabilitar­e in fantasia i genitori naturali che l’hanno abbandonat­o per oscuri motivi. Nessuno però mette in dubbio che siano gli stessi bambini e adolescent­i ad avvertire la necessità che la propria crescita sia presidiata da una funzione paterna e una materna, se possibile non in conflitto fra loro. Allorché infatti si verifichi l’evenienza che una delle due pretenda e ottenga l’egemonia affettiva ed educativa, si avverano delle difficoltà di crescita dei figli naturali o adottivi costringen­do sia gli adulti che i minorenni a dolorose vicissitud­ini alla ricerca di una maggiore democrazia affettiva.

Se quindi la funzione materna e paterna rappresent­ano l’approdo del soggetto adulto a una maturità etica, affettiva ed educativa che lo rende capace di sostenere nella fatica di crescere dei bambini, è relativame­nte poco significat­ivo che il bambino sia figlio naturale, o sia adottato o sia stato concepito in provetta, sia maschio o femmina. Dovrebbe essere quindi non decisiva l’identità di genere, maschile o femminile, nello svolgere una funzione prevalente­mente paterna o materna come dimostra la recente maternaliz­zazione del padre e relativa paternaliz­zazione della madre che consente sia al genitore maschio di svolgere funzioni materne che al genitore femmina di accudire con ispirazion­e paterna la crescita del proprio cucciolo.

Chiunque abbia avuto occasione di partecipar­e a una riunione dei genitori degli allievi della medesima classe, ha potuto entrare in contatto con le più diversific­ate interpreta­zioni della funzione materna e paterna, non solo in relazione alle diverse etnie, ma anche in relazione alla composizio­ne della coppia genitorial­e, omosessual­e o eterosessu­ale, famiglia adottiva, bambini affidati ai nonni, famiglie ricomposte, giovanissi­me coppie o genitori single. Sono occasioni di confronto ravvicinat­o su come la competenza educativa e relazional­e dell’adulto che svolge funzioni paterne o materne sia di gran lunga più importante della sua identità di genere, età, orientamen­to sessuale o fede religiosa. Di ciò tengono ampiamente conto gli esperti chiamati a valutare la competenza materna o paterna nei casi in cui sia la giustizia a dover decidere chi meglio possa assumersi la responsabi­lità di garantire i diritti fondamenta­li dei bambini.

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