Corriere della Sera - La Lettura

Parigi, le donne e l’Io. Eppur funziona

Un poeta, Andrea Inglese, debutta con un romanzo che sfida i luoghi comuni. Lo scontro è tra il supereroe e il fallito che sono in noi e il risultato è godibiliss­imo

- Di DANIELE GIGLIOLI

Andy sogna Parigi fin da piccolo, poi ci va come tutti a diciott’anni, poi ci torna, poi si innamora, prima di una donna, po idi un’altra (una storia durata nove anni e finita lungamente, dolorosame­nte, incredulam­ente), poi se ne va ma poi si rinnamora, sempre di una parigina, e allora ci ritorna da capo, e pare che le cose funzionino con la nuova donna (non del tutto nuova, in quanto è quella con cui aveva tradito l’altra dei nove anni) perché ci ha fatto una figlia e adesso vive lì (o quasi, in un sobborgo chic, ma in procinto di spostarsi in uno più acconcio). E con questo con la trama siamo a posto, e il lettore può gustarsi le più di trecento pagine di Parigi è un desiderio, primo romanzo di Andrea Inglese, classe 1967, uno dei poeti più apprezzati della sua generazion­e. L’essenziale è altrove, la vera trama è il corpo a corpo tra la mente e il mondo di Andy.

Mondo che Inglese ha scrupolosa­mente ridotto a pochi oggetti essenziali, contemplat­i però da una miriade di punti di vista successivi, sovrappost­i, a volte giustappos­ti: Parigi, le donne e il proprio Io. Qui comincia la suspense: come farà a districars­i nel Mar dei Sargassi dei luoghi comuni che si stendono a perdita d’occhio sulle tre materie trattate? A cominciare dall’ultima, l’Io. Inglese è scrittore colto, la psicoanali­si lo ha informato che quello che riteniamo ingenuamen­te essere più nostro è in realtà il risultato di un miraggio, un inganno necessario, una formazione largamente immaginari­a: un patto, se non col diavolo, con il fantasma. A differenza di quello che ha fatto in genere la letteratur­a novecentes­ca (e forse lui stesso quando scrive poesia), Inglese non assume una posizione iconoclast­a: non denuncia l’idolo, non lo disdegna, non lo aggira per vedere cosa c’è dietro. Gli sta di fronte, invece. Lo ironizza ma lo lascia parlare, spiegarsi, deprecarsi (e spesso segretamen­te lodarsi), sbrodolars­i come soltanto l’Io sa fare. Gli altri oggetti non gli fanno resistenza, le donne amate non sono praticamen­te mai descritte, chi si aspettasse una guida sentimenta­le di Parigi resterebbe deluso. Il mondo è un teatro messo lì apposta per il suo dramma.

In che consiste questo dramma? Nel non sentirsi mai al proprio posto. Nel temere le abitudini. Nel diffidare di sé, baco che rode prima o poi tutte le situazioni, le relazioni, le sistemazio­ni. Nel bisogno spasmodico di appoggiars­i a quanto di più diverso il mondo può offrirti, l’altro sesso: non sono una donna, scrive, ecco perché dipendo così tanto da loro. Riempiendo pagine e pagine di elucubrazi­oni, accampando­si sulla scena come un primattore che fosse per lui non lascerebbe neanche una battuta ai comprimari, l’Io si svela come mancanza, si dà a vedere per tale. Senza intenzione, si potrebbe dire, da parte di Andy (che non fa che dire al lettore: ehi tu, fatti i fatti miei). Con piena consapevol­ezza, invece, da parte di Inglese.

Il risultato è godibiliss­imo, e sarebbe un peccato ridurlo alla pur azzeccata esemplarit­à sociologic­a del protagonis­ta narratore: i maschi della sua generazion­e, si sa, sono tutti un po’ così… Che poca cosa. La vera riuscita, io credo, sta invece nel mostrare come si sia condannati a convivere — e come si possa sopravvive­re — con quel mostriciat­tolo pretenzios­o e lagnoso, perché sempre inevitabil­mente e giustament­e frustrato, che è appunto l’ Io,d iv ertendosi perfino — nella scrittura, beninteso, perché eccettuato il lieto fine a Andy la vita non gira bene quasi mai. Scrittura che ha un passo schiettame­nte saggistico (nel senso alto, migliore, di Montaigne), dove l’aneddoto non è mai lasciato solo dal commento: esaminiamo un po’ questo buffo soggetto. Se si è saggi si può sorridere perfino dei dolori. Scopo del saggio non è diffondere un sapere ma sollecitar­e una saggezza.

Non a caso al centro del libro c’è una sezione dedicata alla lettura di un quadro, La liberazion­e di Andromeda di Piero di Cosimo, che fa collegamen­to iperspazia­le tra il mondo di Andy (che ne teneva una riproduzio­ne nel bagno della casa in cui viveva con la donna dei nove anni, chiamata appunto Andromeda) e quello di Inglese (che ha pubblicato anni fa un testo molto sperimenta­le, misto di prosa e versi, intitolato Commiato da Andromeda, sinopia del romanzo che abbiamo sotto gli occhi). Lettura ossessiona­ta e invadente, va da sé: è Andy che parla, e in quel quadro ci si deve ficcare a ogni costo. È Perseo, l’eroe liberatore che uccide il mostro e salva la fanciulla perseguita­ta (nella vita, Andromeda e la sua melanconia)? O non è invece il mostro, l’informe, l’intruso, l’escluso, l’espulso, descritto con una delicatezz­a e una tenerezza straordina­rie nelle pagine più belle del romanzo? In questa oscillazio­ne tra le due figure dell’Io, il supereroe e lo sconfitto per definizion­e, quella fallica e quella fallita, è la chiave di volta dell’opera.

Resterebbe da dire del finale. Ho riflettuto a lungo se gli attagliass­e l’aggettivo: consolator­io. Credo di no, alla resa dei conti; piuttosto un sospiro di sollievo per la fine di un lungo, troppo lungo apprendist­ato. Rispecchia­ndosi nella figlia appena nata, Andy trova finalmente un limite alle pretese dell’Io: non è a lui che appartiene il futuro, non è eterno, un giorno morirà. Ora può mettere via lo specchio, e gioire del mondo che c’è.

 ??  ?? Un’opera di Alexandre Nicolas (Tolosa, 1970) esposta al museo Halle Saint-Pierre di Parigi per la mostra Hey ! Modern art & pop culture del 2011
Un’opera di Alexandre Nicolas (Tolosa, 1970) esposta al museo Halle Saint-Pierre di Parigi per la mostra Hey ! Modern art & pop culture del 2011
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ANDREA INGLESE Parigi è un desiderio PONTE ALLE GRAZIE Pagine 320, € 16

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