Corriere della Sera - La Lettura
Meglio cento flessioni La matematica è solo un falso mito
La provocazione del politologo Andrew Hacker
«La matematica, così come viene insegnata, non ha alcun senso». Andrew Hacker, professore emerito di Scienze politiche al Queens College di New York, esprime le proprie idee con matematica esattezza. E altrettanta chiarezza. Classe 1929, Hacker ha da poco pubblicato negli Stati Uniti un volume che sta già suscitando polemiche. Si tratta di The Math Myth (Il mito della matematica, The New Press), una sorta di attacco frontale al sistema educativo americano. A confortare la tesi del politologo c’è un dato statistico: tra le nazioni più sviluppate, gli Usa figurano al ventisettesimo posto nella proporzione di laureati in ingegneria o in materie scientifiche. I programmi didattici, secondo Hacker, vanno nella direzione sbagliata e rischiano di aggravare un problema già serio, quello degli studenti che lasciano la scuola o l’uni- versità perché non sono in grado di superare gli esami di matematica. Abbiamo raggiunto telefonicamente l’autore nella sua casa di New York.
Professor Hacker, perché sarebbe inutile insegnare matematica?
«I programmi di matematica avanzata non sono necessari in termini di occupazione lavorativa per il 95% della popolazione americana. Solo il 5% usa l’algebra e il calcolo nella propria professione e, a dir la verità, lo fa piuttosto raramente. Certo, gli ingegneri aeronautici hanno bisogno di questa disciplina ma la maggior parte delle persone no, non ne ha bisogno».
Lei analizza la matematica anche da una prospettiva «sociale». Afferma che non c’è alcun nesso tra l’abilità nel calcolo o nelle materie scientifiche e una migliore interpretazione della realtà, per esempio nella formazione di opinioni politiche o analisi sociali.
«La matematica è considerata una materia obbligatoria e i matematici hanno dunque bisogno di inventare una ragione per renderla tale. E ciò che inventano è una serie di miti, e uno dei miti della matematica è che studiarla ci renderebbe più logici e sottili, e che le nostre capacità di ragionamento trarrebbero vantaggio dal suo studio. Questa è una fantasia. Non c’è alcuna prova che le persone che hanno studiato matematica abbiano menti più sviluppate. Ecco un esempio: si ricorda di un signore di nome Paul Wolfowitz? Durante la presidenza di George W. Bush è stato uno dei principali architetti della guerra in Iraq nel 2003, in qualità di vicesegretario alla difesa. Wolfowitz aveva studiato matematica e suo padre, Jacob, era uno dei migliori matematici della Cornell University (a Ithaca, nello Stato di New York): la sua “grande mente” lo portò ad affermare che, dopo un mese dall’entrata in guerra, la popolazione del luogo avrebbe esultato all’ingresso delle truppe americane e che l’Iraq sarebbe diventata la miglior democrazia del Medio Oriente. Questo è ciò che la sua formazione matematica gli ha consigliato. I matematici sono tanto intelligenti o stupidi quanto qualunque altro essere umano».
Benché la matematica sia obbligatoria nel percorso disciplinare di uno studente, la maggior parte di noi dimentica anche le nozioni più semplici una volta finita la scuola. Forse dovremmo cambiare il metodo di insegnamento?
«Lascio questa domanda ai matematici. Ma ritengo che abbiano l’obbligo di rendere le materie che insegnano appassionanti, affinché gli studenti siano interessati e spinti a studiarle. Se queste discipline cominciassero ad avere successo a scuola, molte più persone si iscriverebbero a corsi che contemplano materie scientifiche, così come oggi lo fanno per quelli di poesia o storia. Purtroppo, però, i matematici non hanno l’obbligo di rendere la matematica interessante, perché la matematica è una materia obbligatoria. Mi piacerebbe che tutto ciò cambiasse».
Che alternative propone allo studio della matematica così come è insegnata oggi a scuola?
« Numeracy 101, il corso che tengo, è basato sul ragionamento quantitativo e sull’utilizzo della statistica. Ho insegnato questo corso per un intero semestre e i compiti che ho affidato ai miei studenti non richiedevano l’utilizzo di algebra o trigonometria. Ciò che serviva era l’aritmetica. Per esempio, se qualcuno volesse studiare il bilancio economico dello Stato non utilizzerebbe l’algebra ma l’aritmetica. I college non si focalizzano sullo studio dell’aritmetica perché la considerano una materia minore. Quello che ci manca sono persone con abilità nell’analisi quantitativa».
Come hanno reagito alle sue tesi matematici e professori?
«Ho ricevuto migliaia di lettere. La maggior parte con toni molto violenti. E il motivo era perché ho messo in discussione il loro “capitale intellettuale”: non i loro soldi ma ciò che hanno imparato e ciò che conoscono. E ho affermato che il capitale che posseggono non è così importante come loro pensano e, soprattutto, non così importante da obbligare ognuno di noi ad apprenderlo a scuola. Queste persone concepiscono il sapere come dei fedeli concepiscono una religione. E come molti fedeli vorrebbero che ognuno pregasse solo quel dio».
Molti studenti vorrebbero che la matematica fosse eliminata dal loro percorso scolastico. Non sarebbe tuttavia pericoloso se la scuola fosse progettata sui nostri desideri? Fallire e sbagliare non dovrebbe fare parte della nostra educazione?
«Sono d’accordo, la scuola dev’essere un percorso impegnativo. Ma perché non introdurre materie complicate che abbiano un vero fine? Per esempio, studiare l’arabo o imparare a giocare a scacchi? O allenarsi a fare 100 flessioni? La matematica è complicata, certo, ma non riguarda niente di specifico: riguarda cose come xe y. È una forma di ragionamento puramente accademica, applicabile solo alla matematica stessa. Ben vengano le sfide ma che almeno siano interessanti e più stimolanti».
Professore, come se la cavava in matematica a scuola?
«Ho fatto il mio dovere e portato a casa risultati dignitosi».