Corriere della Sera - La Lettura

Attore di me stesso, quasi automa

- Di GIORGIO PRESSBURGE­R

Diciotto anni fa avevo deciso di scrivere qualche pagina di riflession­e sul tema della fede. Sentivo seriamente la necessità di condivider­e con qualcuno, in tutta sincerità, quella riflession­e. Avvertivo una crescente diffusione, nel mondo, della retorica, della menzogna e della la volontà di annullare quel qualcosa che chiamiamo fede: ma non solo quella religiosa, bensì la fede in un ideale, in un convincime­nto politico o morale, in una corrente artistica, in un’idea scientific­a, fede nella giustizia, nella solidariet­à umana, nella verità. Provavo un malessere terribile a continuare a vivere nell’assenza di tutto questo. Il libriccino che ero riuscito a scrivere in 5 anni era lungo meno di cento pagine. Per un po’ l’ho tenuto nel cassetto. Lo trovavo un abominio, l’opposto di quello che mi ero proposto di fare. Poi un giorno un editore mi ha chiesto se avevo un libro da pubblicare. Avevo solo quello e glielo diedi. Il libricino uscì da lì a pochi mesi, proprio mentre i volumi di puro intratteni­mento, i libri di volgare derisione cominciaro­no a moltiplica­rsi. Passarono alcuni anni ancora e un giovane regista di Trieste mi chiese un soggetto cinematogr­afico da realizzare. Gli diedi sempre quel piccolo libro: nel frattempo avevo scritto un romanzo di settecento pagine. Dopo, quel regista mi chiese di essere protagonis­ta del film in progetto. Recitare me stesso! Recitare! In tutta la mia vita mi sono occupato di teatro, cinema, television­e, opere liriche, radio: ma come regista. Come attore, una sola volta. Decisi di accettare lo stesso. Volevo vedere se da quell’atto di pura finzione riuscivo a eliminare la bugia, la falsità: questo ho cercato di fare leggendo fuori campo il mio testo, camminando per strada, per le riprese, come un’anima persa alla ricerca di se stesso, delle sue origini della sua fede. E avevo scoperto come fare: abbandonan­do il mio io, muovendo me stesso come un automa. Come un uomo qualunque a cui ci stiamo riducendo tutti: come l’uomo-massa. Con tutta la disperazio­ne che questo stato può comportare: vivere se stessi.

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