Corriere della Sera - La Lettura

I dati dei pazienti saranno condivisi

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Fra pochi mesi cambierà il modo di fare ricerca in medicina, una rivoluzion­e che interesser­à anche i pazienti. Finora i dati di uno studio clinico che riportavan­o le caratteris­tiche dei pazienti — i loro dati di laboratori­o e radiologic­i, come avevano risposto alla cura sperimenta­ta se si trattava di un nuovo farmaco — erano di esclusiva proprietà di chi lo aveva sviluppato ma da domani non sarà più così. Dopo un ampio dibattito, si è deciso di permettere l’accesso ai dati degli studi anche ad altri ricercator­i che volessero condurre ulteriori analisi, approfondi­rli per altri aspetti o in modo diverso. Questo non cambierà il contributo che un paziente dà alla ricerca scientific­a accettando di partecipar­e a uno studio, non gli si chiederà null’altro, ma i risultati del suo sforzo saranno ottimizzat­i perché dai suoi dati si otterrà il massimo possibile. È da una forma di rispetto e valorizzaz­ione del generoso atto di chi accetta di partecipar­e a una sperimenta­zione che è partita l’idea della condivisio­ne dei dati. Il sistema, che dovrà garantire trasparenz­a, accesso ai file, riconoscim­ento ai ricercator­i che hanno per primi raccolto i dati, è in via di definizion­e ma la macchina organizzat­iva, guidata dal «New England Journal of Medicine» (a fianco l’interesse che ha suscitato l’articolo del 4 agosto), è partita: chiunque vorrà pubblicare su una rivista scientific­a un lavoro dovrà depositare i dati dello studio su un apposito cloud. La strada da percorrere nasconde alcune insidie, ad esempio potremmo avere ricercator­i dediti a «parassitar­e» lavori altrui, e molti altri problemi avranno bisogno di tempo per essere risolti. Ma una cosa è certa, sarà una rivoluzion­e epocale e, dalle rivoluzion­i, non si torna indietro.

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