Corriere della Sera - La Lettura

«L’infallibil­ità frena Bergoglio»

Il filosofo inglese ha lasciato il sacerdozio e la Chiesa molti anni fa, ma senza risentimen­to. Qui critica l’ateismo scientista: non riesce a spiegare le origini del linguaggio e della vita Anthony Kenny: il Papa non può smentire i predecesso­ri Sono agno

- di ANTONIO CARIOTI

Noto per la sua Nuova storia della filosofia occidental­e in quattro volumi (Einaudi), il filosofo inglese Anthony Kenny ha alle spalle un’esperienza di sacerdote cattolico, di cui parla nel nuovo libro Un affettuoso addio alla Chiesa (Carocci) sul quale ha accettato di rispondere alle domande de «la Lettura».

Perché si è distaccato dalla fede cattolica negli anni Sessanta?

«Ho lasciato il sacerdozio e la Chiesa perché avevo smesso di credere in parti importanti della dottrina cattolica ed ero diventato dubbioso circa l’esistenza di Dio. Pensavo che alcuni dogmi, come la transustan­ziazone, fossero incomprens­ibili e certi insegnamen­ti, per esempio il divieto della contraccez­ione, imponesser­o al credente un fardello ingiustifi­cato. Trovavo che gli argomenti proposti per dimostrare l’esistenza di Dio fossero difettosi o basati su presuppost­i antiquati. Nel corso degli anni ho esposto le ragioni della mia disillusio­ne verso la Chiesa in diversi libri».

Per esempio lo ha fatto nella sua autobiogra­fia intellettu­ale del 1986, «A Path from Rome» («Un percorso via da Roma»). Il suo nuovo saggio però contiene nel titolo l’aggettivo «affettuoso», che fa pensare a un atteggiame­nto meno polemico.

«Quando lasciai il sacerdozio non sentivo, diversamen­te da alcuni altri ex preti, alcuna ostilità personale verso la Chiesa. Quando apparve A Path from Rome i recensori notarono questa mancanza di risentimen­to. Fino a oggi ho mantenuto strette relazioni con singoli sacerdoti cat- tolici e non ho mai dimenticat­o quanto devo alla Chiesa. Ho fatto amicizia anche con preti e vescovi della Chiesa anglicana. Penso sia improbabil­e che io torni alla fede cristiana, ma se mi convertiss­i sul letto di morte chiederei di essere assistito da un prete anglicano, non cattolico».

Nel libro lei mostra simpatia per papa Bergoglio, ma anche qualche dubbio sull’esito della sua azione riformatri­ce. Non crede che ci possano essere cambiament­i sostanzial­i nella Chiesa?

«Ho una grande ammirazion­e per papa Francesco e do il benvenuto ai suoi tentativi di liberalizz­are e decentrare la Chiesa. Tuttavia, dato che la maggioranz­a dei vescovi da lui ereditati appare conservatr­ice, queste due ambizioni confliggon­o tra loro. E poi ogni Papa riformator­e si trova in una posizione impossibil­e dal momento che il dogma dell’infallibil­ità gli impedisce di revocare le decisioni dei suoi predecesso­ri. Tale difficoltà è evidente nell’allocuzion­e di Francesco Amoris Laetitia, che contiene molti pareri apprezzabi­li in campo matrimonia­le, ma anche una certa dose di discutibil­e casistica. Il Papa mostra grande compas- sione per i divorziati risposati che desiderano riaccostar­si ai sacramenti, ma non si può che essere d’accordo con i vescovi conservato­ri quando dicono che, se l’insegnamen­to cattolico va cambiato, non lo si può fare con una nota in fondo alla pagina. Quanto alla domanda se ci saranno cambiament­i sostanzial­i nella Chiesa, la risposta dipende soprattutt­o da quanto durerà il Papa: se resterà in carica abbastanza a lungo da attuare un significat­ivo avvicendam­ento nell’episcopato e nella curia».

Lei scrive che la sua posizione in c ampo etico è assolutist­a, simile a quella della Chiesa. Che cosa significa?

«I filosofi morali possono essere divisi in due categorie: assolutist­i e consequenz­ialisti. Gli assolutist­i pensano che vi siano azioni (tipo lo stupro o la tortura) che sono assolutame­nte sbagliate e non devono mai essere compiute, a prescinder­e dalle conseguenz­e. I consequenz­ialisti credono che la moralità delle azioni dovrebbe essere giudicata a seconda delle loro probabili ricadute e che non esista un genere di comportame­nti (compreso il bombardame­nto indiscrimi­nato) che non possa, in circostanz­e speciali, essere giustifica­to. La forma più diffusa di consequenz­ialismo è l’utilitaris­mo, che prevale in molte società secolarizz­ate, ma è più simile a un calcolo economico costibenef­ici che all’etica tradiziona­le».

Lei scrive che la Chiesa ha fatto «fondamenta­lmente bene ad opporsi all’aborto». Pensa che l’interruzio­ne volontaria della gravidanza dovrebbe essere proibita dalla legge?

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Peccato e reato «Disapprovo l’aborto, ma non tutte le azioni immorali devono essere vietate e punite dalla legge con una sanzione penale»

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We Make Carpets (collettivo composto da Marcia Nolte, Stijn van der Vleuten e Bob Waardenbur­g), Stirrer Carpet, esposto alla mostra di opere di nuovi designer Dream Out Loud. Designing for Tomorrow’s Demands ospitata dallo Stadelijk Museum di...

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