Corriere della Sera - La Lettura
Le antiche diacone ritornano sulla scena malgrado San Paolo
La commissione creata da Francesco esaminerà il ruolo delle donne nella tradizione, che però non è univoca
Papa Francesco ha appena istituito una commissione di studio perché esamini la questione del diaconato femminile «soprattutto riguardo ai primi tempi della Chiesa». L’argomento, in verità, è stato più volte oggetto di studi approfonditi. Le prime testimonianze risalgono al passo della Lettera ai Romani di Paolo dove è menzionata una certa Febe, «diacono della Chiesa che è in Cencre». Verso l’anno 112, poi, Plinio il Giovane rileva in Bitinia l’esistenza di donne che, nonostante la bassa estrazione sociale, esercitavano nella comunità cristiana il ruolo di ministrae (in greco, diacone). Fin da queste attestazioni, però, si presenta la difficoltà di comprendere in che cosa consistesse, nella teoria e nella pratica, questo servizio di diakonía femminile, in un periodo in cui l’organizzazione gerarchica e ministeriale delle diverse Chiese era disorganica e in via di formazione.
Secondo la Didascalia degli Apostoli, scritto siriaco del 230 circa, le diacone sono raffigurazioni dello Spirito Santo e hanno il compito di assistere le altre donne che si denudano per l’immersione e l’unzione battesimale, debbono istruirle, visitarle quando ammalate e imporre loro le mani. Non possono però battezzare né insegnare indiscriminatamente. Il Concilio di Nicea del 325 parla esplicitamente di certe diacone che però «non hanno ricevuto alcuna imposizione delle mani»; al contrario, cinquant’anni dopo ad Antiochia le Costituzioni apostoliche riportano il testo della preghiera per la loro ordinazione, con imposizione delle mani da parte del vescovo; e anche il Concilio di Calcedonia del 451 confermerà che l’ordinazione avveniva mediante imposizione delle mani.
Che dire di queste discrepanze? Va ricordato che per tutto il II e III secolo c’era stato un forte dibattito sul tema dei ministeri femminili, con esiti contraddittori: chi negava alle donne persino la possibilità di fare ciò che era lecito ai maschi non ordinati, chi ritoccava i testi biblici per smorzarne le aperture verso le donne, chi invece patrocinava il loro ruolo nel governo delle comunità. Epifanio di Salamina, nell’ultimo quarto del IV secolo, ammetteva di malavoglia l’esistenza di un «ordine delle diacone» e ne limitava rigorosamente le funzioni «al servizio delle donne a motivo della decenza», invocando il divieto contenuto nelle lettere di Paolo di lasciar insegnare, parlare o esercitare autorità alle donne; mentre negli stessi anni alcune diacone si segnalavano all’attenzione delle comunità, come Olimpia di Nicomedia, amica di Giovanni Crisostomo.
Dal punto di vista liturgico in certe Chiese la cerimonia di ordinazione delle diacone (o diaconesse) era equivalente a quella dei diaconi maschi. Avveniva così nel rituale bizantino, salvo per certe peculiarità che servivano a ricordare alla donna l’impossibilità di accedere, in futuro, al sacerdozio. L’Occidente, invece, nei primi cinque secoli non ha conosciuto il diaconato femminile, anzi lo ha condannato: le prime diaconissae compaiono soltanto verso il VI secolo. Non un uso condiviso, quindi, ma situazioni diverse nei tempi e nei luoghi.
Per riassumere, è certo che nell’antichità cristiana diverse comunità in Oriente hanno conosciuto donne con il titolo di «diacono», anche se non sempre è chiarissima la portata esatta di tale ruolo. Quale che fosse, il ministero riconosciuto alle donne si è poi gradualmente ristretto fino a scomparire anche in Oriente.
Fin qui, l’evidenza storica. Ma il lavoro della commissione creata da Francesco potrebbe non doversi limitare a una rivisitazione delle fonti storiche. Esistono infatti reiterate istanze per l’ammissione delle donne al diaconato permanente, ripristinato, dopo diversi secoli di abbandono, in seguito al Concilio Vaticano II. E spesso il timore che l’eventuale ristabilimento del diaconato femminile possa trasformarsi in una sorta di «cavallo di Troia» verso il sacerdozio femminile ha impedito un sereno esame della questione. Ecco perché non pochi studiosi, preoccupati più del presente che del passato, hanno preferito insistere sulle fonti antiche che si prestano a dare una rappresentazione delle donne diacono come semplici coadiuvanti dei maschi; altri, invece, hanno voluto valorizzare le risultanze che sembrano porre i due sessi allo stesso livello. Per tutti c’è in agguato il pericolo dell’anacronismo: la struttura ecclesiastica attuale, organizzata nella triade discendente vescovo-prete-diacono, con quest’ultimo al primo gradino di accesso al ministero sacerdotale, non è sovrapponibile all’organizzazione di tutte le