Corriere della Sera - La Lettura
BIANCA SIBERIA VOCI OSCURE
«Pregavo soltanto di non rimanere in panne di notte in piena taiga e di non incappare nei banditi». Sembra di vederlo, Jacek Hugo-Bader, alle prese con l’equipaggiamento per affrontare la traversata della Siberia in pieno inverno. Due batterie, una scure, una cassetta di legna, un badile, un bruciatore a petrolio, candele, olio, carburante. Quel che serve per mantenere in vita il suo fuoristrada Uaz a meno 40°. Giornalista per la polacca «Gazeta Wyborcza», scrittore, Hugo-Bader si offre un vagabondaggio in solitaria per il suo 50° compleanno, con la sola compagnia di un libro: Reportage dal ventunesimo secolo, edito nel 1957 dalla «Komsomòl’skaja Pravda». I due autori del reportage profetizzano il paradiso sovietico prossimo venturo, Hugo-Bader prova a esplorarne le estremità. Febbre bianca (Keller, traduzione di Marzena Borejczuk, una nuova edizione esce a fine mese) sembra un libro di viaggio in territori di grande fascino; ma è più di questo. Il richiamo dell’avventura scema già dalle prime pagine, l’autore si dedica tempo — mesi — concedendosi agli incontri, dirigendosi con risolutezza verso le zone più buie. Una lunga permanenza moscovita, di cui esplora le periferie, urbane e umane: mendicanti, bitniki — hippies di lunga data e recente rovina — bollitori di paglia di papavero da oppio, rockettari nazisti, polizia corrotta, bande di cani rabbiosi, Miss Positive Russia, affetta da Hiv. Affrontati con senso di umanità che l’autore traduce in domande esplicite, quasi da fratello maggiore. Una puntata a Izevsk sugli Urali a conoscere il «compagno Michail Timofeevic Kalasnikov» creatore del fucile automatico più famoso del mondo. Infine la Siberia. Terra di predicatori, sciamani, pastori di renne, dove appaiono etnie devastate dall’alcol, prossime all’estinzione: gli alutor (rimasti in 12), i kerek (8), gli enci (200). Popoli che la fine della sbornia consegna alla «febbre bianca»: si vedono e si sentono cose, voci nell’aria che dicono: sparati. Oppure: spara. Dopo resta soltanto la fuga nella foresta, da dove nessuno riesce a stanare un tajoznik, un uomo della taiga che vi si nasconda. Da tempo il magnifico Dersu Uzala del film di Akira Kurosawa non abita più questi luoghi. Questo è un libro da leggere, per ripopolarli.