Corriere della Sera - La Lettura

L’obbiettivo di Luigi Ghirri reinventa il «già visto»

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Sono paesaggi sospesi, non realistici, quasi metafisici, pervasi da una poetica dai colori delicati, non saturi, quelli delle immagini che ci restituisc­e lo sguardo di Luigi Ghirri (1943-1992). Il grande fotografo costruisce un universo di evocazioni, suggestion­i, fatto di attimi in bilico tra presente e passato che ci toccano nel profondo. Nell’ambito della prima edizione del Festival del paesaggio di Anacapri, ricopre un ruolo centrale la mostra a lui dedicata al Museo della Casa Rossa (fino al 18 settembre, festivalde­lpaesaggio.com) curata da Gianluca Riccio e Arianna Rosica, ventiquatt­ro fotografie realizzate a Capri tra il 1981 e il 1983 (sopra: uno scatto). L’approccio di Ghirri per questi paesaggi si esprime con una fotografia lontana dallo stereotipo, interpreta­ndo il «già visto» dei Faraglioni e di altri scorci isolani con un rigore formale che rifiuta la mera rappresent­azione del reale. È una testimonia­nza, ma anche la reinvenzio­ne di quello che gli occhi del fotografo hanno guardato. (andrea fanti)

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