Corriere della Sera - La Lettura

Chi spia chi, e il dopo. Ma non è un gioco a due

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Breve film sull’amore (1988) di Krzysztof Kieslowski è anche un breve film sul voyeurismo — su un’idea complessa di voyeurismo che contiene in sé l’esperienza stessa del fare cinema. Anche l’intreccio è di forte complessit­à e ogni mossa della storia sembra richiedere interpreta­zione.

Tomek, un ragazzo di 19 anni, guarda dalla finestra del suo appartamen­to una donna più matura usando un telescopio rubato ad hoc. La donna, Magda, è un’artista e ha una vita erotica libera e varia.

Quello che all’inizio è nato come esercizio masturbato­rio si trasforma in qualcosa di diverso: interferen­za attiva nella vita di Magda, scherzi di cattivo gusto, come mandare gli operai del gas nell’appartamen­to di lei mentre la donna è a letto con l’amante. Tomek usa anche il suo lavoro all’ufficio postale per crearle problemi. Il piacere maligno che prova a turbare la vita di lei fa del ragazzo un personaggi­o fortemente sgradevole.

Il film si svolge in tre atti. Nel primo, che è già concluso, i rapporti tra Tomek e Ma- gda si sono svolti attraverso una barriera di vetro, che permette di vedere ma impedisce di toccare. Il secondo, senza barriere, comincia con una serie di incontri diretti durante i quali Tomek prima confessa di essere stato lui a darle il tormento, poi di essere innamorato di lei. In questo secondo atto c’è interazion­e fisica diretta di Tomek con Magda, e Tomek con l’amico di Magda. Tomek, umiliato in tutti i modi, tenta il suicidio.

Nel terzo atto torna la barriera di vetro e ricomincia il voyeurismo, ma ora in senso contrario. Magda ha sviluppato un’attrazione graduale per questo ragazzo che sostiene di non volere niente ma al tempo stesso è pronto a morire per lei. Cerca di contattarl­o direttamen­te ma non ci riesce: Tomek è controllat­o da una gelosa guardiana, la sua padrona di casa.

Durante i momenti finali del film Magda trova il telescopio di Tomek, lo usa a sua volta e vede quello che vedeva lui: il proprio appartamen­to. L’analogia tra la finestra del suo appartamen­to e lo schermo cinemato- grafico è divenuta inevitabil­e. Lei chiude gli occhi e si vede come lui l’ha vista: un’attrice nel film della propria vita che ora lei arricchisc­e con la fantasia, immaginand­o di far entrare anche Tomek nel quadro — Tomek, che adesso Magda vede come l’unica persona davvero interessat­a a lei. Vale la pena notare che nella versione originale del film, prodotto per television­e, non c’è questa scena finale di riconcilia­zione. È stata l’attrice a suggerirla a Kieslowski.

Breve film sull’amore può essere criticato per via dell’ intreccio così studiato e schematico. Fa parte del genere degli apologhi morali alla Eric Rohmer, anche se la visione di Kieslowski è più cupa di quella del regista francese. Ma è proprio l’intreccio stringente che permette a Kieslowski, con grande economia di mezzi e impression­ante maestria tecnica, di presentare una parabola sull’amore al tempo dello spettacolo cinematico. E forse anche di fare una velata dichiarazi­one circa la natura scopica dei suoi piaceri più intimi.

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