Corriere della Sera - La Lettura
Si sprigiona dal barbiere la violenza della natura
Èimpossibile sapere con esattezza quali furono le prime esperienze visive che influenzarono l’immaginazione di William Turner (1775-1851). Esiste tuttavia una stretta corrispondenza fra alcuni elementi visivi presenti in una bottega di barbiere e gli elementi che compaiono nelle opere mature del pittore; corrispondenza di cui si deve tener conto, senza però pretendere che spieghi tutto. Osserviamo alcune delle opere più tarde e immaginiamo la bottega del barbiere: acqua, schiuma, vapore, metallo luccicante, specchi appannati, catini e bacili bianchi in cui il liquido saponoso viene mosso dal pennello del barbiere e sul cui fondo vanno a depositarsi i residui. Pensiamo all’analogia fra il rasoio del padre e la spatola di cui, nonostante le critiche e l’uso corrente, Turner non smise mai di servirsi. A un livello più profondo — al livello delle fantasie infantili — immaginiamo la combinazione, assai probabile in una bottega di barbiere, di sangue e acqua, acqua e sangue. A vent’anni Turner progettò di dipingere un quadro ispirato all’Apocalisse e intitolato: L’ac
qua trasformata in sangue. Non lo realizzò mai ma quel soggetto, sotto forma di tramonti e incendi, è uno dei temi ricorrenti in migliaia di lavori e studi successivi. (...) La violenza nei dipinti di Turner è la violenza degli elementi, ed è espressa dal- l’acqua, dal vento, dal fuoco. A volte sembra che la violenza sia una caratteristica della luce. A proposito di uno dei suoi ultimi dipinti, intitolato Ange
lo in piedi nel sole, Turner parla di luce che divora l’intero mondo visibile. Eppure, io credo che la violenza che Turner vedeva in natura fosse la conferma di qualcosa di intrinseco alla sua immaginazione. Ho già suggerito che questo tipo di visione può essere in parte dovuto a esperienze infantili, in seguito confermate non solo dalla natura, ma dalle vicende umane. Turner visse durante la prima, apocalittica fase della rivoluzione industriale in Inghilterra: il vapore non era solo quello che riempiva la bottega di un barbiere; il color vermiglione, oltre che sangue, significava fornaci; il vento, oltre che sulle Alpi, fischiava attraverso le valvole delle macchine. La luce, che Turner pensava divorasse l’intero mondo visibile, era molto simile alla nuova energia produttiva che sfidava e distruggeva ogni precedente idea di ricchezza, distanza, fatica umana, città, natura, volontà di Dio, bambini, tempo. È un errore considerare Turner un virtuoso degli effetti naturali, come più o meno ufficialmente avvenne finché John Ruskin non dette della sua opera un’interpretazione più complessa.