Corriere della Sera - La Lettura
Peppa non è Pig ma trova un macello «Così va il mondo»
«Il problema del teatro italiano? Essere rimasto al margine della vita culturale e del dibattito sociale. C’è un problema di pubblico: dobbiamo riportare i cittadini a teatro — sostiene Davide Carnevali, autore e teorico su cui da tempo hanno messo le mani Francia e Germania — proponendo loro cose interessanti, utili e divertenti». Aggettivi che s’attagliano a Educazione
transiberiana, titolo provvisorio, spiega l’autore, «di un progetto in fieri sul rapporto tra pedagogia e spettacolo, e sull’influenza che la tv esercita sull’immagi
nario infantile». Il primo episodio, Peppa ™ prende coscienza di essere un suino, andrà in scena il 13 settembre a Roma, negli spazi della Pelanda, per Short Theatre, festival multidisciplinare ideato da AREA06 e con la direzione artistica da Fabrizio Arcuri (nella foto, un momento delle prove). La Peppa del titolo è la maialina di fama planetaria, costretta per questioni di copyright ad abbandonare il «Pig» prima del debutto. Nessun problema invece per gli altri capitoli in cantiere del progetto: Holly e Benji patiscono le fluttuazioni del mercato euroasiatico, Il migliore dei mondi possibili e Il Pisolone fa fare un dolce sonnellino alla tua coscienza critica.
Perché ha pensato a un progetto per bambini? «In parte perché ho molti amici con figli e quindi ora mi trovo a fare i conti anche con loro. In parte perché mi è sempre interessato il problema del linguaggio e della costruzione di una visione del mondo attraverso il linguaggio, una questione che, se rapportata all’infanzia, assume un’importanza capitale», dice a «la Lettura». Il problema principale dei cartoon di oggi, osserva, «riguarda più la forma che i contenuti. Nella tradizione occidentale, la struttura
formale delle narrazioni si caratterizza essenzialmente per la sua coerenza logica, la commensurabilità dei suoi elementi e il suo orizzonte finalistico. Queste storie raccontano che, nella vita, ogni avvenimento deve essere razionalmente motivato; che ha valore solo ciò che è definibile, misurabile, quantificabile; e che ogni nostra azione deve essere orientata a uno scopo». Tutte queste narrazioni, prosegue, «si ispirano a (e giustificano) una visione del mondo legata a un modello culturale ed economico. Il principio di causalità sta alla base del processo di produzione e consumo; il principio di commensurabilità implica la necessità di assegnare a ogni cosa una definizione e un valore; il principio di finalità determina la logica del beneficio, del premio come obiettivo finale». Il minore, che sta ancora formando la sua visione del mondo, «è il ricettore più esposto ai rischi di certe strutture narrative». Non solo. «Negli ultimi anni, si è verificato un progressivo abbassamento della soglia di età dei consumatori e una manipolazione dei desideri e delle aspirazioni del bambino; che, pur non disponendo di mezzi economici propri, influenza le scelte dei genitori».
Peppa Pig non è certo il primo prodotto costruito per vendere il proprio mer
chandising... «Esempi simili ce ne sono tanti, soprattutto a partire dagli anni Ottanta — precisa Carnevali — quando negli Usa certa pubblicità contenuta nei programmi per l’infanzia cessa di essere definita “ingannevole”. La dottrina Reagan-Thatcher smonta il mito dello Stato sociale e anche nel settore dell’educazione viene lasciata mano libera ai privati. Con la conseguente espansione esponenziale del marketing per l’infanzia».
Nel suo spettacolo riserva a Peppa la fine di molti suini... Ride: «È un modo divertente ma serio di fare a pezzi, quindi de-costruire, il valore di un’icona. Peppa è un suino, è cioè allo stesso tempo produttore e prodotto di se stesso. Ciò, in prospettiva marxista, la colloca al limite del paradosso: è questa paradossale alienazione di se stessa da se stessa che noi riportiamo in chiave ironica. Ma nel sacrificio del suino c’è anche una questione teatrale, e quindi religiosa, da un certo punto di vista: la relazione tra la parola e la carne, e di come ciò che è evocato dalla parola poi possa manifestarsi fisicamente davanti allo spettatore in contrasto con il linguaggio che lo ha preceduto. Questo fenomeno, possibile solo in teatro, mette in evidenza l’insufficienza del linguaggio davanti al mondo. Smascherando l’artificialità di ogni narrazione, e la sua parzialità».