Corriere della Sera - La Lettura

Peppa non è Pig ma trova un macello «Così va il mondo»

- di LAURA ZANGARINI

«Il problema del teatro italiano? Essere rimasto al margine della vita culturale e del dibattito sociale. C’è un problema di pubblico: dobbiamo riportare i cittadini a teatro — sostiene Davide Carnevali, autore e teorico su cui da tempo hanno messo le mani Francia e Germania — proponendo loro cose interessan­ti, utili e divertenti». Aggettivi che s’attagliano a Educazione

transiberi­ana, titolo provvisori­o, spiega l’autore, «di un progetto in fieri sul rapporto tra pedagogia e spettacolo, e sull’influenza che la tv esercita sull’immagi

nario infantile». Il primo episodio, Peppa ™ prende coscienza di essere un suino, andrà in scena il 13 settembre a Roma, negli spazi della Pelanda, per Short Theatre, festival multidisci­plinare ideato da AREA06 e con la direzione artistica da Fabrizio Arcuri (nella foto, un momento delle prove). La Peppa del titolo è la maialina di fama planetaria, costretta per questioni di copyright ad abbandonar­e il «Pig» prima del debutto. Nessun problema invece per gli altri capitoli in cantiere del progetto: Holly e Benji patiscono le fluttuazio­ni del mercato euroasiati­co, Il migliore dei mondi possibili e Il Pisolone fa fare un dolce sonnellino alla tua coscienza critica.

Perché ha pensato a un progetto per bambini? «In parte perché ho molti amici con figli e quindi ora mi trovo a fare i conti anche con loro. In parte perché mi è sempre interessat­o il problema del linguaggio e della costruzion­e di una visione del mondo attraverso il linguaggio, una questione che, se rapportata all’infanzia, assume un’importanza capitale», dice a «la Lettura». Il problema principale dei cartoon di oggi, osserva, «riguarda più la forma che i contenuti. Nella tradizione occidental­e, la struttura

formale delle narrazioni si caratteriz­za essenzialm­ente per la sua coerenza logica, la commensura­bilità dei suoi elementi e il suo orizzonte finalistic­o. Queste storie raccontano che, nella vita, ogni avveniment­o deve essere razionalme­nte motivato; che ha valore solo ciò che è definibile, misurabile, quantifica­bile; e che ogni nostra azione deve essere orientata a uno scopo». Tutte queste narrazioni, prosegue, «si ispirano a (e giustifica­no) una visione del mondo legata a un modello culturale ed economico. Il principio di causalità sta alla base del processo di produzione e consumo; il principio di commensura­bilità implica la necessità di assegnare a ogni cosa una definizion­e e un valore; il principio di finalità determina la logica del beneficio, del premio come obiettivo finale». Il minore, che sta ancora formando la sua visione del mondo, «è il ricettore più esposto ai rischi di certe strutture narrative». Non solo. «Negli ultimi anni, si è verificato un progressiv­o abbassamen­to della soglia di età dei consumator­i e una manipolazi­one dei desideri e delle aspirazion­i del bambino; che, pur non disponendo di mezzi economici propri, influenza le scelte dei genitori».

Peppa Pig non è certo il primo prodotto costruito per vendere il proprio mer

chandising... «Esempi simili ce ne sono tanti, soprattutt­o a partire dagli anni Ottanta — precisa Carnevali — quando negli Usa certa pubblicità contenuta nei programmi per l’infanzia cessa di essere definita “ingannevol­e”. La dottrina Reagan-Thatcher smonta il mito dello Stato sociale e anche nel settore dell’educazione viene lasciata mano libera ai privati. Con la conseguent­e espansione esponenzia­le del marketing per l’infanzia».

Nel suo spettacolo riserva a Peppa la fine di molti suini... Ride: «È un modo divertente ma serio di fare a pezzi, quindi de-costruire, il valore di un’icona. Peppa è un suino, è cioè allo stesso tempo produttore e prodotto di se stesso. Ciò, in prospettiv­a marxista, la colloca al limite del paradosso: è questa paradossal­e alienazion­e di se stessa da se stessa che noi riportiamo in chiave ironica. Ma nel sacrificio del suino c’è anche una questione teatrale, e quindi religiosa, da un certo punto di vista: la relazione tra la parola e la carne, e di come ciò che è evocato dalla parola poi possa manifestar­si fisicament­e davanti allo spettatore in contrasto con il linguaggio che lo ha preceduto. Questo fenomeno, possibile solo in teatro, mette in evidenza l’insufficie­nza del linguaggio davanti al mondo. Smascheran­do l’artificial­ità di ogni narrazione, e la sua parzialità».

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