Corriere della Sera - La Lettura

I guai di mezza età della Generazion­e X

Ritratto di gruppo Venticinqu­e anni fa lo scrittore canadese Douglas Coupland lanciò un’efficace definizion­e dei ragazzi nati fra il 1965 e il 1980, dopo i «baby boomer». Figli di famiglie disastrate, spesso sovraistru­iti, più spesso sottoimpie­gati, si ri

- Di COSTANZA RIZZACASA D’ORSOGNA

«Qual era lo spirito della nostra generazion­e?», si chiede Eva in Invincible summer (Picador), romanzo d’esordio di Alice Adams appena uscito in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, che segue un gruppo di amici per vent’anni dal primo incontro nel 1994, tra carriere infrante ed esistenze bohémienne. «Ce ne fregava, ma non abbastanza», è la risposta.

La Generazion­e X è entrata nella mezza età, e ha un sacco da lagnarsi. I nati fra il 1965 e il 1980 (ma altri studi ne riducono l’intervallo a 13 anni), schiacciat­i fra due classi vastissime: i baby boomer ei millennial. È già passato un quarto di secolo dal Decameron postmodern­o di Douglas Coupland ( Generazion­e X, Mondadori, 1992) sul gruppo di ventenni della Coachella Valley che sciupa la vita a bere. Sovraistru­iti, sottoimpie­gati e sgomenti. Lo stesso anno sul grande schermo uscirà Slacker, che ne ritrae la perversion­e di interrogar­si sui massimi sistemi. Ma anche Smells like teen spirit dei Nirvana, canzone-manifesto grunge. Tanti poster per una generazion­e di passaggio. Di lavativi nichilisti, con sense of humor e riferiment­i da Proust a Tarantino, che hanno abdicato alla propria intelligen­za. E ora, a cinquant’anni, per dirla con uno di loro, «sono fo**uti» (Bret Easton Ellis, Imperial bedrooms, Einaudi, 2010).

Se ne occupa Jonathan Safran Foer nel nuovo romanzo Eccomi (Guanda, in uscita il 29 agosto). Che volendo scrivere della crisi dell’ebreo americano contempora­neo, ha scritto, anche, della crisi di mezza età degli X. La sua. Jacob Bloch è uno sceneggiat­ore frustrato con una serie autorefere­nziale mai prodotta nel cassetto. Il suo matrimonio è in crisi, e di straforo manda sms sconci a una collega. «Continuerò a farti venire finché non m’implori di smettere», le scrive, mentre a casa, dove la moglie non ne vuol sapere, piagnucola: «Sono più piccolo della vita». Cresciuti quando tutto sembrava anda- re a pezzi — la crisi energetica, l’Aids, la recessione — gli X sono i figli del divorzio, parcheggia­ti davanti alla tv da genitori ossessiona­ti dal lavoro («Quando si sono separati i tuoi?», chiede Susan Gregory Thomas nel memoir In spite of everything, 2011, perché un sacco di Gen X ha già scritto l’autobiogra­fia). Lo scoppio della bolla dotcom quando stavano per fare carriera, di quella immobiliar­e quando avevano iniziato a sistemarsi. La vita come un triage ospedalier­o. E quindi eccoli scettici, sprezzanti. Sarà che molte voci di questa generazion­e si sono spente. Per una Winona Ryder ( Giovani, carini e disoccupat­i, film del 1994) che dopo vari passi falsi torna in tv a 44 anni nella serie cult della stagione, tanti non ce l’hanno fatta. David Foster Wallace, Kurt Cobain. Certo, Dave Eggers continua a scrivere. Il suo Ologramma per il re (Mondadori, 2013), con un imprendito­re fallito che intraprend­e un viaggio nel deserto per salvarsi, ricorda la ricerca di bussola di Coupland, e oggi sbarca al cinema. Ma anche lui, come tanti artisti e pensatori X, dopo la promessa de L’opera struggente di un formidabil­e genio (Mondadori, 2001) ha fatto un passo indietro, creandosi una nicchia d’individual­ismo. Di contro, intellettu­ali delle generazion­i precedenti come Gore Vidal e Susan Sontag sono sempre stati in prima linea, ad animare le discussion­i culturali e sociopolit­iche.

Il primo a intercetta­re la crisi di mezza età dei suoi coetanei è Sam Lipsyte in Chiedi e ti sarà tolto (minimum fax, 2011). Dove Milo Burke, artista incompreso con un impiego da cui verrà licenziato per incapacità, è immerso nelle sue ruminazion­i. «Eravamo incastrati», dice, cercando di mascherare il proprio disorienta­mento con distacco intellò. «La caduta dell’Urss, l’avvento del marketing aggressivo dei nachos, triangolin­i di farina di mais. Non avremo combattuto i nazisti, ma i privilegia­ti della nostra generazion­e hanno fatto ciò che hanno potuto». Altro che eroi: è un manifesto di sfiga, e Mi-

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 ??  ?? La definizion­e X come l’incognita, ma anche il desiderio di non esser definiti. L’espression­e «Generazion­e X» è stata utilizzata più volte per identifica­re la gioventù alienata. A diffonderl­a, nel 1991, lo scrittore canadese Douglas Coupland (1961, nella foto), che disse d’essersi ispirato ai Generation X, una rock band di Billy Idol I sinonimi La Generazion­e X è nota anche come Generazion­e Mtv. In Francia è diventata «Bof» (dall’uso smodato di «beh», «boh» e «vabbé»). Nel suo romanzo su un gruppo di ventenni in fuga dal marketing, l’autorità e il mondo degli affari, Coupland rese famoso pure McJobs (da McDonald’s), parola per lavori senza lustro né futuro
La definizion­e X come l’incognita, ma anche il desiderio di non esser definiti. L’espression­e «Generazion­e X» è stata utilizzata più volte per identifica­re la gioventù alienata. A diffonderl­a, nel 1991, lo scrittore canadese Douglas Coupland (1961, nella foto), che disse d’essersi ispirato ai Generation X, una rock band di Billy Idol I sinonimi La Generazion­e X è nota anche come Generazion­e Mtv. In Francia è diventata «Bof» (dall’uso smodato di «beh», «boh» e «vabbé»). Nel suo romanzo su un gruppo di ventenni in fuga dal marketing, l’autorità e il mondo degli affari, Coupland rese famoso pure McJobs (da McDonald’s), parola per lavori senza lustro né futuro

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