Corriere della Sera - La Lettura
Libreria o pizzeria, il romanzo delle due Italie
In Lombardia si pubblicano più libri che in qualsiasi altra regione di un Paese dove ormai la lettura è in declino. Eppure i volumi sono tra i pochissimi prodotti il cui valore non incide sul prezzo
Anche nel mondo della produzione libraria ci sono due Italie, e nessuno poteva sospettare il contrario. Se nel 2014 sono stati pubblicati quasi 58 mila libri, 22 mila sono quelli usciti in Lombardia. Tautologia: i grandi gruppi spadroneggiano. Mai dimenticare che 6 italiani su 10 non leggono nemmeno un libro l’anno, e che gli addetti all’editoria si mettano a litigare sulla sede del Salone del Libro (Milano o Torino? Milano e Torino?), come è accaduto di recente, è una battaglia irrea- listica, per non dire surreale.
Ma la visualizzazione qui sopra prende in considerazione la minoranza (sempre decrescente), quella dei leggenti occasionali e no. C’è chi dice: già, ma i prezzi dei libri sono inavvicinabili. Sarà vero? Non proprio: se per una novità spendi tra i 10 e i 20 euro, ti costa come una serata in pizzeria. E se la pizza la digerisci e la espelli, il libro resta lì (certo, a volte può rimanere anche sullo stomaco, nel bene e nel male). Del resto, il prezzo dei libri è una questione a sé. Un amico designer automobilistico qualche giorno fa mi diceva che si capisce perché una Giulia Quadrifoglio Ver- de costa di più di un modello base: e mi parlava di sospensioni attive, fibre di carbonio e alluminio, splitter aerodinamico, accelerazione, velocità, tenuta…
Un capolavoro di Tolstoj, di cui si potrebbe esaltare il ritmo, il profilo dei personaggi, l’intreccio, la potenza emotiva, lo stile (senza ignorare il tempo di scrittura), vale sul mercato esattamente come l’ennesimo thriller ripetitivo e noioso buttato giù in tutta fretta. La letteratura, anzi il libro, è uno dei pochissimi prodotti il cui valore autentico non incide sul prezzo (salvo, ovviamente, quel poco di scarto dato dalla sua mate- rialità: formato, copertina, illustrazioni, carta eccetera). Piuttosto, ora che si apre la stagione dei maggiori festival e che Mantova celebra la ventesima edizione, e dopo la cagnara del Salone, bisognerebbe fare un bilancio onesto sull’incidenza che hanno le numerose kermesse librarie sulla lettura.
Qualcuno dovrebbe prendersi la briga di capire se davvero, al di là dei calo- rosi applausi e dei trionfali numeri d’affluenza (sempre crescenti, mai decrescenti), le fiere culturali che impazzano ovunque per l’Italia — con gli investimenti di denaro pubblico che comportano — abbiano davvero contribuito, oltre che alla legittima gratificazione degli scrittori, anche a promuovere la lettura, ad avvicinare al libro e non solo all’evento in cui il libro rimane una gradevole occasione. O si tratta solo di un «falso movimento»? E se quel denaro venisse investito, per esempio, nel sostenere belle librerie indipendenti, buone case editrici, traduzioni?