Corriere della Sera - La Lettura
I volti e le tende Sbuca dal buio la tragedia dei migranti
Viaggio con i disperati del mare Una riflessione per immagini
Come dimenticare gli sguardi delle donne e degli uomini appena approdati a Lampedusa che hanno visto i loro compagni di viaggio morire in mare? Come dimenticare la foto del piccolo Aylan morto a tre anni e deposto sulla battigia di una spiaggia turca? E come non ricordare i volti felici e sorpresi di alcuni rifugiati appena superata la frontiera tedesca, accolti dagli applausi?
Immagini lontane una dall’altra, eppure ognuna di queste rappresenta il tassello di un enorme affresco che racconta la complessità della tragedia che sta sconvolgendo la nostra epoca. «Siamo sempre lo straniero di qualcun altro. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo», ricorda lo scrittore Tahar Ben Jelloun. Ma che cosa significa davvero «vivere insieme» e che cosa nasconde ogni singola esistenza di tanta umanità in cammino? E come la fotografia può raccontare questi universi così lontani e che oggi premono uno sull’altro talvolta abbracciandosi e molto più spesso respingendosi?
C’è la fotografia di cronaca, il fotoreportage in prima linea che attraverso un singolo scatto urla il dolore, descrive la sofferenza, scuote le coscienze. Ma c’è anche una fotografia fatta di silenzi, di meditazione, di sguardi sospesi nel tempo. Rac- conti visivi costruiti più su dettagli apparentemente marginali che sulla notizia da prima pagina. È quello che, con grande intelligenza e sensibilità etica, ha costruito Federico Maggia, direttore della Fondazione Fotografia di Modena, dando vita a una missione fotografica e inviando sette fotografi italiani nelle isole greche e nella zona al confine tra Grecia e Macedonia. Si tratta di Francesco Radino, Antonio Fortugno, Antonio Biasiucci, Filippo Luini, Francesco Mammarella, Simone Mizzotti e Angelo Iannone: in queste due pagine, in anteprima, pubblichiamo una parziale sintesi dei loro lavori.
La fotografia, con questa «missione», si afferma come una delle possibilità più alte per costruire un racconto visivo del nostro tempo tormentato. Negli anni Trenta, negli Usa la Farm Security Administration invitò alcuni fotografi a realizzare una serie di immagini sulle condizioni del Paese. Il risultato di quel lavoro è oggi nella storia della fotografia. Dorothea Lange fu una di quei fotografi e ancora ci parla Migrant
mother, lo scatto di una madre che guarda, attonita, mentre due bimbi si aggrappano a lei. Oggi, come allora, la fotografia racconta anche la speranza, la stessa speranza che ritroviamo nelle foto di molti autori di questa nuova, importante «missione».