Corriere della Sera - La Lettura
Donna di droni
Helen Mirren in «Diritto di uccidere»
Stufa di far la regina, nel cast del prossimo film americano di Paolo Virzì The Leisure Seeker, dall’omonimo romanzo di Zadoorian Michael tradotto in Italia In viaggio contromano, a 70 anni Helen Mirren indossa nel Diritto di uccidere di Gavin Hood (niente a che vedere col film di Ray del ’50) la tuta mimetica del colonnello Katharine Powell. Le spetta una difficile decisione nel corso di una missione antiterrorismo a Nairobi con un pilota pronto a far partire un drone dalla base di Las Vegas. «Il fattore umano — spiega a “la Lettura” l’attrice, qui accanto in una scena — è importantissimo. Il personaggio è conscio di una feroce alternativa: catturare o uccidere? Bersagliare il sospetto o mirare anche a una bambina? È giusto sacrificare qualcuno per il bene di più persone?». Come ha costruito il suo colonnello? «Immaginandomi una biografia e puntando sulle quattro virtù necessarie: resistenza, ostinazione, ambizione, ossessione». Il film, in sala dal 25 agosto per Teodora, è esempio di alta suspense e perfetta drammaturgia ma non si tratta di un esborso di adrenalina inutile, abbiamo a che fare con azioni che vediamo tutti i giorni nei telegiornali e con un dilemma etico che ci mette tutti in partita. «Il regista ha fatto la guerra e questo si sente dalla sua passione e dal grado di emotività che usa», commenta l’attrice parlando del sudafricano Hood che nel 2006 fu Oscar con Il suo nome è Tsotsi. Mirren è una donna di carattere e un’attrice d’azione, non solo da salotto: tra poco sarà in Fast & Furious 8 la perfida che darà filo da torcere a Vin Diesel, provando l’emozione del blockbuster. Mentre il drone diventa la star del cinema di guerra (l’ultimo cecchino a mano è stato quello di Clint Eastwood), mentre solo ieri sembrava fantascienza, l’attrice per la quarta volta interpreta in Eye in the Sky, questo il titolo originale, un ruolo inizialmente scritto per un uomo: aveva fatto anche Prospera nella Tempesta di Shakespeare, oltre a State of Play e Arthur. Commenta: «Il film di Hood rispecchia la realtà e quello che stiamo ogni giorno vivendo nelle operazioni antifondamentalismo. La cosa curiosa è che chi è al potere deve prendere decisioni difficilissime, però vive in mondi separati, fatti di rapporti virtuali, telefonici, digitali e non umani e questo è il lato che mi sembra più spietato e feroce dell’attualità di questa storia».