Corriere della Sera - La Lettura
Ai cavalli piace l’opera e io ce li porto Ma all’Arena quelle intelligenti sono le oche
«Ne sono convinto: ai cavalli piace la musica. È anche per questo che se ne stanno buoni, quasi attenti, durante l’opera». E di equini Vito Salvia, 59 anni, palermitano di Partinico ma veronese di adozione, se ne intende. Dalla sua scuderia escono i cavalli che passeggiano sul palco dell’Arena durante Aida, Il trovatore e soprattutto nella Carmen firmata da Zeffirelli. Duelli, toreador, danze gitane, corride: sontuoso e lussureggiante allestimento del maestro fiorentino, una festa per gli occhi. Cavalli e asini sono protagonisti in quasi tutti gli atti, e si muovono sulla scena con la padronanza di attori consumati. «Il punto di partenza è la conoscenza dell’animale — spiega Salvia — e per questo provengono tutti dalla mia scuderia, li scelgo sulla base del loro carattere e delle loro paure». Come evitare sorprese? «In scena non deve cambiare nulla, il cavallo deve memorizzare i movimenti». L’armonia fa sentire l’animale a proprio agio, i movimenti inaspettati invece attirano la sua attenzione e lo inquietano. «La musica e il suo volume non causano mai problemi. Il cavallo si agita solo quando gli orchestrali accordano gli strumenti: le dissonanze non gli piacciono». Vito Salvia, aiutato dalla moglie, ha portato in scena anche cani, galline, colombi ( Turandot, Romeo e
Giulietta) e persino oche («Sono animali intelligentissimi, li abbiamo chiamati con i nomi di alcuni premi Nobel»). Nell’opera di Bizet c’è comunque il maggior affollamento. «Zeffirelli non voleva sentire il rumore degli zoccoli sul palco — ricorda Vito — ed ecco la soluzione: faccio indossare agli animali scarpette di gomma che si agganciano al ferro. Gli amici che stanno in platea mi dicono che non si sente niente». Cavalli da standing ovation.