Corriere della Sera - La Lettura
Il murale del perdono
Il gesto creativo come cura: dalle politiche anti-graffiti al reinserimento sociale. Compie dieci anni il laboratorio «Restorative justice» del Philadelphia Mural Arts Program, la collezione di public art più importante degli Stati Uniti con oltre quattromila dipinti. La campagna per la lotta al vandalismo, lanciata nell’84 dall’allora sindaco della «città dell’amore fraterno», dal ‘96 si è trasformata in laboratorio di rinascita. Con una doppia gentrification: urbana e relazionale. Obiettivo: l’incontro tra mondi che non potrebbero essere più lontani. È il caso del Forgiveness mural, realizzato nel 2007 da Eric Okdeh: a ispirare il soggetto, il ventiduenne Kevin Johnson, bersaglio accidentale di una sparatoria tra gang, a causa della quale è rimasto paralizzato. Grazie a Jane Golden, responsabile del progetto di arte murale, il ragazzo che aveva procurato l’arma, Michael Whittington, è riuscito a incontrare la vittima e a condividere il percorso di «guarigione». L’opera è diventata un santuario laico per chiunque si senta arrabbiato e cerchi una possibilità di riscatto.