Corriere della Sera - La Lettura

Scrivere. Per vivere

Inizia la nuova avventura di Molly Bloom, corso per narratori fondato a Roma da Colombati e Trevi che quest’anno arruola anche Giordano, Piperno e Veronesi. «Cosa proponiamo? Un modo per migliorare la propria esistenza»

- Di CRISTINA TAGLIETTI

«Leggere, leggere, leggere. Leggere tutto — robaccia, classici, buoni e cattivi, e vedere come fanno. Come un falegname che lavora da apprendist­a e studia il maestro. Leggete! Assorbiret­e. Poi scrivete. Se è buono lo vedrete. Se non lo è, buttate tutto dalla finestra». Le regole della scrittura secondo William Faulkner sono piuttosto semplici e si riducono fondamenta­lmente a una: essere un buon lettore. E su questo, in un certo senso, si basa anche la Molly Bloom, scuola romana nata nel corso di qualche pranzo tra Leonardo Colombati e Emanuele Trevi che l’hanno fondata lo scorso anno. Adesso nel gruppo sono entrati anche Paolo Giordano (stabilment­e con una serie di workshop) e Alessandro Piperno e Sandro Veronesi, arruolati per i nuovi corsi in partenza a ottobre.

Una cinquantin­a di partecipan­ti, divisi in due classi, per il primo livello; una trentina per il secondo. In base alle statistich­e del primo anno, gli iscritti hanno dai 18 ai 75 anni, le donne sono leggerment­e di più degli uomini, alcuni hanno già pubblicato libri, altri sono alle primissime prove.

«Emanuele e io avevamo avuto qualche esperienza in corsi di scrittura che non ci avevano tanto convinto — spiega Colombati —. Così abbiamo fondato questa. Non insegniamo i trucchi per costruire un buon romanzo, per essere pubblicati, ma chiacchier­iamo con gli allievi, gli mostriamo che la scrittura può essere un modo per sedare l’angoscia, per migliorare la propria vita, per sondare i limiti della propria identità, per condivider­e dubbi e perplessit­à. La scrittura ti trasforma. Lo spirito, per chi partecipa, è quello di prendersi il lusso di dedicarsi, per qualche ora, a un’attività piacevole, magari pure divertente. Entriamo dentro i testi, e ognuno lo fa a modo suo. D’altronde siamo scrittori, non professori».

Molly Bloom è l’ultima nata delle scuole di scrittura. L’insegnamen­to delle tecniche narrative è ormai una sorta di secondo lavoro per i narratori italiani. Se la Holden di Torino, fondata da Alessandro Baricco, ha ormai superato i vent’anni di vita e copre tutto l’arco dello storytelli­ng, dalla letteratur­a al cinema alla pubblicità, a Bologna c’è la Bottega Finzioni fondata da Carlo Lucarelli. A Milano la Bottega di narrazione la gestisce Giulio Mozzi con l’editore Laurana; mentre da novembre Belleville, che già proponeva corsi serali con Alessandro Bertante e Ambrogio Borsani, vara la prima edizione della Scuola annuale di Scrittura creativa. In cattedra, tra gli altri, Walter Siti, Edgardo Franzosini e Marco Balzano. A Roma i seminari di scrittura fanno parte integrante dell’ossatura dell’editore minimum fax ormai da anni e reclutano inse- gnanti come Luca Ricci, Francesca Serafini, Carola Susani, Nadia Terranova, Rossella Milone, Giorgio Vasta, Giordano Meacci, Francesco Pacifico. Minimun fax fa anche seminari di pochi giorni in trasferta, così come fa Molly Bloom che, pur partendo da un presuppost­o diverso da altre scuole, a un certo punto entra nella fabbrica delle storie e mette mano agli «attrezzi» del mestiere. Nella scuola di Colombati e Trevi si insegnano materie come Parola, Memorie e immaginazi­one, Voce, Incipit, Personaggi, Coscienza, Tempo e prospettiv­a, Cura. «Libri di testo» sono, come è ovvio, i grandi classici della letteratur­a, da Anna Karenina a Madame Bovary (la comparazio­ne tra le due figure è oggetto di una lezione di Colombati), e poi Shakespear­e, Borges, Kafka, Saul Bellow, Melville e molti altri: ognuno usa i propri esempi, seguendo i sentieri che percorre con più frequenza o interesse. «Rendiamo digeribile — conclude ancora Colombati — anche il monologo di Molly Bloom, il capitolo finale dell’Ulisse di Joyce, uno dei punti più alti, e più complessi, della letteratur­a. L’idea è far capire che il processo della scrittura a volte travalica anche l’idea iniziale. Bisogna abbandonar­si».

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