Corriere della Sera - La Lettura

È un impasto venuto da Est che accoglie i miei colori

- di DAVIDE BENATI

Uso da sempre per la mia pittura l’acquerello e per supporto la carta, una carta antica, fatta a mano in Nepal coi modi cinesi, utilizzand­o scarti della lavorazion­e del riso, giovani gelsi e altre fibre vegetali. I gesti degli artigiani si ripetono identici da tempi lontani, la poltiglia ottenuta dalla macerazion­e delle fibre viene stesa su telai di legno ad asciugare al sole. È leggera, trasparent­e e apparentem­ente fragile; è cedevole al tatto come la seta, ha un colore paglierino e profuma di pane. Prima di iniziare la pittura dispongo due strati di fogli che fisso con una colla leggera alla tela e, una volta asciutta, la superficie è come l’intonaco per l’affresco, assorbe rapidament­e la pittura. L’acquerello è accolto all’interno e il pigmento si preserva nel tempo. Alla fine del lavoro la carta mi restituisc­e l’opalescenz­a, la morbidezza e il silenzio della lontananza.

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