Corriere della Sera - La Lettura

Coraggio, sali su un albero Vedrai che l’albero fiorirà

- di SANDRO VERONESI

Lo scrittore, diceva Alberto Moravia, è uno che sale su un albero e a un certo punto quest’albero fiorisce. È la definizion­e più bella che io conosca — la più bella e la più vera. Intanto questo gesto del salire, che compare nella prima metà della frase: «Lo scrittore è uno che sale»: cioè si stacca da terra, sfida la forza che lo vuole schiacciat­o al suolo, ma non per volare via, solo per salire un po’ più in su. Poi c’è la metafora: «Su un albero». La scrittura, dunque, è qualcosa di vivo e di complesso, solido, ramificato, radicato — qualcosa che cresce e che sale a propria volta, che ha una propria forza, una propria naturale autonomia. Ma è la seconda parte della frase di Moravia quella più accattivan­te e più vera, perché proietta nella totale indetermin­atezza il risultato dello sforzo fatto. L’albero fiorisce, sì, ma perché? Fiorisce perché lo scrittore c’è salito sopra o fiorirebbe lo stesso anche senza di lui? E soprattutt­o, fiorisce «a un certo punto»: non solo non si sa perché, dunque, ma non si sa nemmeno quando. E tuttavia la fatica di salire bisogna farla, il pericolo di cadere bisogna correrlo, la pazienza di aspettare bisogna averla: se resti a terra, o se voli via senza più avere rapporti con la terra, non sei uno scrittore. Se invece stai lì, appollaiat­o sul ramo, in bilico, pieno di fiducia nell’albero e anche nella terra che lo nutre e senza porre condizioni, allora sei uno scrittore. Lo sei anche nel lungo tempo durante il quale l’albero non fiorisce, e a maggior ragione lo sei quando, a un certo punto, fiorisce. RIPRODUZIO­NE RISERVATA

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