Corriere della Sera - La Lettura
Confini, Europe, ecologia I vent’anni di Mantova
Anche la letteratura ha una responsabilità ambientale. La rassegna chiama gli scrittori all’impegno
Ecologia della letteratura, letteratura dell’ecologia. Il Festivaletteratura segue un suo sentiero nella foresta dei temi ambientali e, a 150 anni dalla nascita dell’ecologia, si interroga su che cosa può fare la cultura per invertire la rotta. Grammenos Mastrojeni, saggista, docente di materie ambientali in vari atenei che dai primi anni Novanta studia il legame fra tutela dell’ambiente e coesione umana, è convinto che ciò che si può fare a livello istituzionale non basti. «La scienza ci avverte dell’accelerazione del degrado ambientale — dice a “la Lettura” —, siamo a un punto di rottura e non è soltanto un problema dell’ecosistema, ma della comunità umana. A rischio sono la coesione sociale e lo sviluppo, con seri problemi per la pace. È impossibile disinnescare gli scenari distruttivi se nuovi comportamenti individuali non fanno da amplificatore alle necessarie misure pubbliche. Per esempio: far passare l’idea che un regime alimentare sano è sostenibile e che se lo si adotta su larga scala si contribuisce a scardinare la polarizzazione tra un Occidente obeso e un terzo mondo affamato significa fare un’operazione di giustizia e di pace. Per questo è necessario un appello all’arte, alla letteratura, ai media».
Negli anni la percezione dei temi ambientali è cambiata e anche la letteratura in qualche modo la registra. Serenella Iovino, docente di Letterature comparate all’Università di To- rino, autrice di numerosi saggi, è una delle voci più accreditate dell’ecocritica internazionale. «L’ecocritica è una critica letteraria che evidenzia il modo in cui le questioni ambientali passano attraverso i testi — spiega —. Da Virgilio ad Asimov le rappresentazioni degli ambienti sono funzionali al messaggio che il libro vuole dare. Possono essere legate alla crisi ecologica e quindi inquinamento, contaminazione dei suoli, delle acque, dell’atmosfera, distruzione dei paesaggi, della struttura urbanistica, non solo per eventi naturali come i terremoti ma anche per speculazioni, mafia, affari». Però ci può essere un altro approccio: «Non soltanto un versante marcatamente ambientalistico — continua Iovino — ma an-
che ecologico dove per ecologia intendiamo proprio le relazioni tra gli esseri viventi e gli ambienti e quindi il modo in cui l’umano si rapporta al non umano. Pensiamo alla Meta
morfosi di Kafka, o alle Cosmicomiche di Calvino. La materia dell’universo è sempre la stessa e in qualche modo l’umano e il non umano si coappartengono». Se ci si focalizza sulla denuncia, ci sono molti autori contemporanei che «militano» in questo senso. «Il dramma dell’uranio nei territori che una volta erano dei nativi americani per esempio è trattato molto bene dall’americana Linda Hogan. Ci può essere un’attenzione alle questioni postcoloniali, come in tanta letteratura di matrice anglo-indiana, pensiamo ad Amitav Ghosh o Arundhati Roy». In Italia il primo scrittore a calare i temi ecologici nella letteratura è stato Italo Calvino. «Nel ’57 ha scritto La
speculazione edilizia, nel ’58 La nuvola di smog, in cui parla dell’inquinamento delle città industriali, e poi Marcovaldo. E lo ha fatto ad altissimi livelli perché molto spesso il rischio è di perdere la qualità estetica». Più recenti sono le iniziative come la collana VerdeNero di Edizioni Ambiente. «Piccoli romanzi, racconti dedicati per esempio allo smaltimento dei rifiuti tossici in Africa, alle corse clandestine dei cavalli in Sicilia, o come Navi a perdere di Carlo Lucarelli o Rovina di Simona Vinci, sulla speculazione edilizia nella pianura padana. Ma non bisogna dimenticare Gomorra: uno degli aspetti che Saviano evidenzia è proprio l’avvelenamento dei territori, il business delle mafie. E questo è stato importante per portare all’attenzione pubblica uno dei problemi su cui Legambiente stava già battendo da anni, addirittura con il conio della parola ecomafia che dobbiamo al presidente Enrico Fontana. Quando abbiamo un vocabolo che ci permette di raccogliere dei fenomeni, riusciamo a vederli, altrimenti rimangono dispersi. E il fenomeno diventa una categoria giuridica riconosciuta, per esempio dalla legge sui reati ambientali».
Su altri fronti della cultura e della scuola, secondo Ferdinando Boero, docente di zoologia all’Università del Salento, però siamo indietro: «Le cose sono semplici: la nostra cultura nasce con lo studio della natura, pensiamo alle pitture rupestri. Eravamo cacciatori e raccoglitori e la conoscenza della natura era essenziale. Ora l’abbiamo estromessa. Nella divulgazione televisiva le scienze della natura hanno valore di aneddoto, basti pensare a molti programmi di mero intrattenimento, che non fanno parte della cultura. Non parliamo della scuola, dove, per il retaggio dell’impostazione CroceGentile, le scienze naturali quasi non esistono». Per fortuna che c’è il Papa a dare una mano all’ecologia, suggerisce provocatoriamente Boero: «Francesco, in Laudato si’, parla di conversione ecologica, chiede di inserire l’ecologia nella nostra cultura. Per la prima volta nella storia, gli scienziati, in questo caso gli ecologi, hanno convertito un’autorità religiosa. Ora resta da convertire il resto della popolazione».