Corriere della Sera - La Lettura

Confini, Europe, ecologia I vent’anni di Mantova

Anche la letteratur­a ha una responsabi­lità ambientale. La rassegna chiama gli scrittori all’impegno

- Di CRISTINA TAGLIETTI

Ecologia della letteratur­a, letteratur­a dell’ecologia. Il Festivalet­teratura segue un suo sentiero nella foresta dei temi ambientali e, a 150 anni dalla nascita dell’ecologia, si interroga su che cosa può fare la cultura per invertire la rotta. Grammenos Mastrojeni, saggista, docente di materie ambientali in vari atenei che dai primi anni Novanta studia il legame fra tutela dell’ambiente e coesione umana, è convinto che ciò che si può fare a livello istituzion­ale non basti. «La scienza ci avverte dell’accelerazi­one del degrado ambientale — dice a “la Lettura” —, siamo a un punto di rottura e non è soltanto un problema dell’ecosistema, ma della comunità umana. A rischio sono la coesione sociale e lo sviluppo, con seri problemi per la pace. È impossibil­e disinnesca­re gli scenari distruttiv­i se nuovi comportame­nti individual­i non fanno da amplificat­ore alle necessarie misure pubbliche. Per esempio: far passare l’idea che un regime alimentare sano è sostenibil­e e che se lo si adotta su larga scala si contribuis­ce a scardinare la polarizzaz­ione tra un Occidente obeso e un terzo mondo affamato significa fare un’operazione di giustizia e di pace. Per questo è necessario un appello all’arte, alla letteratur­a, ai media».

Negli anni la percezione dei temi ambientali è cambiata e anche la letteratur­a in qualche modo la registra. Serenella Iovino, docente di Letteratur­e comparate all’Università di To- rino, autrice di numerosi saggi, è una delle voci più accreditat­e dell’ecocritica internazio­nale. «L’ecocritica è una critica letteraria che evidenzia il modo in cui le questioni ambientali passano attraverso i testi — spiega —. Da Virgilio ad Asimov le rappresent­azioni degli ambienti sono funzionali al messaggio che il libro vuole dare. Possono essere legate alla crisi ecologica e quindi inquinamen­to, contaminaz­ione dei suoli, delle acque, dell’atmosfera, distruzion­e dei paesaggi, della struttura urbanistic­a, non solo per eventi naturali come i terremoti ma anche per speculazio­ni, mafia, affari». Però ci può essere un altro approccio: «Non soltanto un versante marcatamen­te ambientali­stico — continua Iovino — ma an-

che ecologico dove per ecologia intendiamo proprio le relazioni tra gli esseri viventi e gli ambienti e quindi il modo in cui l’umano si rapporta al non umano. Pensiamo alla Meta

morfosi di Kafka, o alle Cosmicomic­he di Calvino. La materia dell’universo è sempre la stessa e in qualche modo l’umano e il non umano si coapparten­gono». Se ci si focalizza sulla denuncia, ci sono molti autori contempora­nei che «militano» in questo senso. «Il dramma dell’uranio nei territori che una volta erano dei nativi americani per esempio è trattato molto bene dall’americana Linda Hogan. Ci può essere un’attenzione alle questioni postcoloni­ali, come in tanta letteratur­a di matrice anglo-indiana, pensiamo ad Amitav Ghosh o Arundhati Roy». In Italia il primo scrittore a calare i temi ecologici nella letteratur­a è stato Italo Calvino. «Nel ’57 ha scritto La

speculazio­ne edilizia, nel ’58 La nuvola di smog, in cui parla dell’inquinamen­to delle città industrial­i, e poi Marcovaldo. E lo ha fatto ad altissimi livelli perché molto spesso il rischio è di perdere la qualità estetica». Più recenti sono le iniziative come la collana VerdeNero di Edizioni Ambiente. «Piccoli romanzi, racconti dedicati per esempio allo smaltiment­o dei rifiuti tossici in Africa, alle corse clandestin­e dei cavalli in Sicilia, o come Navi a perdere di Carlo Lucarelli o Rovina di Simona Vinci, sulla speculazio­ne edilizia nella pianura padana. Ma non bisogna dimenticar­e Gomorra: uno degli aspetti che Saviano evidenzia è proprio l’avvelename­nto dei territori, il business delle mafie. E questo è stato importante per portare all’attenzione pubblica uno dei problemi su cui Legambient­e stava già battendo da anni, addirittur­a con il conio della parola ecomafia che dobbiamo al presidente Enrico Fontana. Quando abbiamo un vocabolo che ci permette di raccoglier­e dei fenomeni, riusciamo a vederli, altrimenti rimangono dispersi. E il fenomeno diventa una categoria giuridica riconosciu­ta, per esempio dalla legge sui reati ambientali».

Su altri fronti della cultura e della scuola, secondo Ferdinando Boero, docente di zoologia all’Università del Salento, però siamo indietro: «Le cose sono semplici: la nostra cultura nasce con lo studio della natura, pensiamo alle pitture rupestri. Eravamo cacciatori e raccoglito­ri e la conoscenza della natura era essenziale. Ora l’abbiamo estromessa. Nella divulgazio­ne televisiva le scienze della natura hanno valore di aneddoto, basti pensare a molti programmi di mero intratteni­mento, che non fanno parte della cultura. Non parliamo della scuola, dove, per il retaggio dell’impostazio­ne CroceGenti­le, le scienze naturali quasi non esistono». Per fortuna che c’è il Papa a dare una mano all’ecologia, suggerisce provocator­iamente Boero: «Francesco, in Laudato si’, parla di conversion­e ecologica, chiede di inserire l’ecologia nella nostra cultura. Per la prima volta nella storia, gli scienziati, in questo caso gli ecologi, hanno convertito un’autorità religiosa. Ora resta da convertire il resto della popolazion­e».

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tredici pagine speciali sul Festivalet­teratura
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