Corriere della Sera - La Lettura
C’era anche Annibale l’11 settembre?
Quindici anni dopo le Torri Gemelle, Affinati aggiorna il volume pubblicato nel decennale per spiegare ai ragazzi romani della sua scuola (che confondevano Bin Laden con le guerre puniche) che cos’era successo. Mentre i giovani afghani di terrorismo ne sapevano fin troppo
Cinque anni fa, quando mi accinsi a scrivere L’11 settembre di Eddy il ribelle per raccontare ai nostri adolescenti la tragedia delle Twin Towers, insegnavo alla Città dei Ragazzi di Roma e molti miei studenti, minorenni afghani, lottavano contro i brutti ricordi. Difficile dimenticare i racconti di Mohamed, i cui genitori erano morti sotto le bombe di Mazar-i-Sharif. Dopo aver letto Rosso Malpelo di Giovanni Verga, nel punto in cui il bambino scava con le unghie insanguinate dentro la miniera di zolfo cercando il corpo del padre travolto dal pilastro, certe immagini erano tornate a riaffacciarsi. Impossibile scacciare dalla mente anche la cicatrice che Ismail aveva sull’avambraccio: una linea biancastra sottilmente attorcigliata sulla pelle scura che lasciava intendere quasi più dello sguardo serio e conce nt r a to di c hi me la mostrava.
I compagni di classe italiani, provenienti dalle borgate nei pressi della famosa comunità educativa, cresciuti nel marasma urbano di Ponte Galeria, nella vertigine in cemento a r mato di Cor - v i a l e , nei ca s a - menti d e s o l a t i lungo i fossi delle marrane alla Maglianella, invece, di fatto ignoravano quanto accaduto a New York nel 2001; oppure ne possedevano un’immagine talmente incerta da poterla confondere con le guerre puniche che io cercavo di schematizzare alla lavagna. Forse pochi anni prima, alle scuole medie, qualche professoressa di buona volontà aveva proiettato in classe i filmati dei Boeing che si schiantano contro il World Trade Center, ma se chiedevi lumi in proposito rischiavi di sentirti riassumere le regole d’ingaggio di una partita interstellare da giocarsi alla PlayStation. Così la situazione diventava paradossale: mentre Alì e Hafiz, scampati alla violenza talebana, del terrorismo ne sapevano più di me e lo tenevano a distanza come fosse uno spettro minaccioso, per Valerio e Romoletto la data dell’11 settembre richiamava alla memoria soltanto lo sventurato inizio dell’anno scolastico.
La cosa più strana era che i primi, ancora traumatizzati, si tenevano tutto per sé, quasi fosse un segreto personale e non un evento collettivo, e i secondi, annichiliti dall’atrofia spirituale che i loro genitori gli avevano introiettato, non domandavano di più. La scelta dell’ambientazione fantascientifica era quindi legata al tentativo, consapevolmente velleitario, di € trovare una chiave che potesse attirare il pubblico più giovane, anche perché i miei allievi, dal momento in cui gli confidai la decisione presa, collaborarono all’ideazione tematica dandomi consigli preziosi durante la stesura del testo.
Eddy, il protagonista, è un ragazzo ribelle che vive nel pianeta Fulgor. S’intrufola nei database degli insegnanti. Stacca gli spinotti dei compagni più bravi. Inclina sui crateri di Capo Fox con una vecchia Hornet. Bacia le macchine amorose. Insomma si tratta del classico ripetente, al quale un paio d’anni dopo la composizione del racconto, avrei dedicato un apposito elogio. Quando il preside lo sospende, lui per protesta scappa dal suo pianeta a bordo di un’astronave insieme a Matuzalem, l’amico più caro. Per molti ragazzi occidentali di oggi i miti delle generazioni trascorse non sono più tali: la politica assomiglia a un confronto inconcludente fra adulti rancorosi pronti a offendersi col sorriso radioso, salvo riconciliarsi subito dopo; lo scontro generazionale è sconosciuto, dal momento che il nemico, in senso lato, risulta assente e può rinascere solo dentro di loro. L’unico sentimento in cui i nostri figli sembrano continuare a credere è l’amicizia, vera o presunta, che infatti quando viene tradita deve essere vendicata.
Eddy e Matuzalem, così diversi da risultare complementari, uno istintivo, l’altro assai più riflessivo, vivono insieme una grande avventura che il giorno fatale li porta sui cieli di New York. Da lassù saranno testimoni dell’attacco alle Torri. Quando Matuzalem scompare, Eddy scende sulla Terra per ritrovarlo. Solo una ragazza di Brooklyn, Nadine Do Nascimiento, crede in ciò che e g l i di ce . Eddy prima s’innamora di lei, poi vola i n Af ghanist a n dove, nella speranza di raggiungere il vecchio compagno, si unisce ai nuov i prof ughi i nsieme ai quali arriva in Italia. Per il giovane alieno la Terra è un pianeta assurdo, dove gli uomini si uccidono senza ragioni plaus i b i l i . Tut t a v i a nel cammino compiuto insieme ai migranti il ragazzo conosce la povertà, sperimenta la miseria, prova il dolore. È come se riparlasse con lo spirito dell’amico scomparso.
Per scrivere L’11 settembre di Eddy il ribelle sono andato sul posto: non solo a Ground Zero, ma anche sulla tomba di Herman Melville, nel cimitero di Woodlawn. L’autore di Moby Dick, suprema riflessione sul male umano, morì il 28 settembre 1891, 110 anni prima dell’11 settembre 2001. Magia dei numeri. Nell’ultima parte del libro compaiono anche le scuole Penny Wirton, che io e mia moglie Anna Luce Lenzi abbiamo fondato allo scopo di insegnare la lingua italiana agli immigrati. A conti fatti, l’aula scolastica, intesa come crocevia del confronto fra coetanei di estrazione diversa, secondo l’auspicio di Malala Yousafzai, bambina al tempo in cui gli aerei si schiantarono sui grattacieli di Manhattan, può rappresentare una concreta risposta alla stagione del terrore inaugurata quindici anni fa.