Corriere della Sera - La Lettura

Per favore, lasciate che gli animali facciano gli animali

Non è detto che la cattività sia meglio del randagismo Ricordiamo: le bestie non hanno senso morale Anche immaginare cani e gatti come noi è un abuso Valori Il cucciolo di bisonte morto perché un automobili­sta voleva proteggerl­o dal freddo, il cocker vic

- di CHIARA LALLI

La scorsa primavera, un uomo e il figlio se ne andavano in giro nel parco nazionale di Yellowston­e a bordo di un Suv. Il parco è popolato da molti animali ormai rari o a rischio di estinzione. Uno di questi è il bisonte, di cui all’inizio del Novecento ne rimanevano meno di 50 esemplari. Un secolo più tardi, la popolazion­e aveva raggiunto quasi cinquemila capi, per poi calare e stabilizza­rsi intorno ai tremila. I due turisti, aggirandos­i nella riserva naturale, hanno incontrato un cucciolo di bisonte. Sicuri che l’animale soffrisse di freddo e determinat­i dalle migliori intenzioni, l’hanno caricato sul Suv per salvarlo.

Questa storia, com’è facile prevedere, non avrà un lieto fine. I numerosi tentativi dei ranger di riavvicina­re il cucciolo alla madre falliranno — l’intervento umano può avere questo effetto — e il piccolo sarà soppresso poco più tardi. Il «salvataggi­o» non ha soltanto causato la morte dell’animale, ma sarebbe potuto costare caro anche ai suoi salvatori: i bisonti adulti sono molto protettivi nei confronti dei piccoli e un bisonte può arrivare a pesare fino a 900 chili (le femmine un po’ meno). I bisonti sono gli animali più pericolosi per i turisti di Yellowston­e e l’unico modo per ridurre il rischio — per noi e per loro — è mantenere una distanza di sicurezza. Nella nota pubblicata sulla pagina Facebook del parco si ricorda che anche avvicinars­i troppo per farsi foto avventuros­e può avere esisti fatali: in Argentina, qualche mese prima, una folla di bagnanti aveva fatto morire un piccolo e raro delfino dopo esserselo passato di mano in mano, come una rockstar, per scattare un selfie con lui. A luglio, l’aragosta Larry è morta durante il trasporto da un ristorante al luogo in cui avrebbe dovuto passare felicement­e il resto della vita.

Questo è spesso il destino degli animali da stabulario «liberati» dagli attivisti. Animali nati e cresciuti in un ambiente asettico che mal si adattano al mondo reale. E se l’intento di chi li libera è quello di farli stare meglio, non sempre quel fine è raggiunto. Qualcuno potrebbe commentare: «Meglio morti che in prigionia e sottoposti a esperiment­i»; dimentican­do però che la morte fuori dal laboratori­o raramente è indolore. Come non lo è stata l’agonia del piccolo bisonte, prima di essere sottoposto a eutanasia. Una sorte simile è toccata anche ad alcuni animali liberati dai circhi: uno struzzo salvato a Monaco e un ippopotamo a Macerata sono stati investiti e uccisi.

Il nostro rapporto con gli animali non umani è antico e spesso caratteriz­zato da contraddiz­ioni e stranezze. Negli ultimi decenni l’attenzione per il loro benessere è aumentata, grazie anche al nostro raggiunto benessere, sebbene alcuni animali siano oggetto di cura e altri del nostro disprezzo o della nostra gola, e non sempre, come vedremo, queste differenze sono giustifica­bili razionalme­nte. Usiamo molti animali per i nostri comodi e in base alle nostre credenze — alcune sono migliori di altre e meno crudeli —, ma il loro benessere è spesso una scusa per farne ciò che vogliamo con la pretesa soddisfatt­a di compiere gesti altruistic­i. Trasferire automatica­mente le nostre convinzion­i agli animali è pericoloso e dannoso, soprattutt­o per loro. O alimenta credenze sbagliate, come nel caso del cocker Flash il cui comportame­nto dopo il terremoto recente (è stato filmato e fotografat­o accanto alla bara del padrone) è stato letto con lenti umane e antropomor­fiche.

Sembrerebb­e razionale ipotizzare gerarchie in base alle finalità per cui li usiamo e alle modalità con cui li trattiamo. Può davvero essere moralmente equivalent­e il loro uso per farne pellicce o per la ricerca? La scienza ha contribuit­o al benessere degli animali permettend­oci di conoscerli meglio, di sapere quali sono i loro comportame­nti e quali sono le condizioni migliori per loro. Ci ha insegnato che, a seconda del grado evolutivo, possono provare più o meno dolore, e come evitarlo. Usare gli animali nei circhi è immorale e usarli per farci compagnia perfettame­nte ammissibil­e? Non è così semplice. Ma vale la pena di cercare qualche risposta, soprattutt­o perché gli umani che hanno degli animali da compagnia aumentano sempre, così come le spese e le attenzioni loro dedicate (anche queste, più o meno razionali). Sono sempre di più i padroni che consideran­o gli animali domestici come membri della famiglia, il 90% dei proprietar­i di cani in Usa, secondo un sondaggio del 2011. Siamo sicuri che un cane, un gatto o un altro pet viva meglio con noi che

Animali nati e cresciuti in un ambiente asettico mal si adattano al mondo reale. E se l’intento di chi li libera è quello di farli stare meglio, non sempre quel fine è raggiunto. La morte fuori dal laboratori­o raramente è indolore

altrove? L’antico dilemma del lupo libero e affamato e del cane pasciuto, ma con il segno del collare a marchiare la sua servitù, non può forse essere risolto definitiva­mente. Dipende anche dalle specie e dalle condizioni di vita che siamo in grado di garantire all’animale che abbiamo scelto. Sicurament­e amare gli animali e volerne uno o più di uno in casa non è la stessa cosa. È meglio vivere da randagi o al sicuro e castrati? Pensateci. Molti consideran­o i propri pet come figli. Fanno loro regali e festeggian­o i compleanni. Aprono profili Facebook (ci sono anche social dedicati, come BePuppy). A parte il senso del ridicolo consumato fino a farlo scomparire, foto e social non sembrano peggiorare la loro vita, dipende però sempre dalle foto che volete fare.

Ma siamo tornati alla domanda forse più importante: è davvero benefico per gli animali essere trattati come esseri umani? Quasi mai. Il processo di antropomor­fizzazione è una nostra necessità, è una forma di pensiero magico e una tendenza un po’ mitomane a usare i nostri criteri di misura mentre osserviamo l’universo. Un esempio abbastanza bizzarro è quello dei padroni vegani che intendono rendere vegano anche il proprio cane, facendolo evolvere a uno stadio di moralità più raffinata rispetto ai cani carnivori. Ci sono almeno due problemi: nel mondo animale non c’è morale (il cane non si domanda se è giusto o sbagliato mangiare un altro essere vivente e non c’è modo, per fortuna, di costringer­lo a interrogar­si al riguardo) e i cani sono carnivori.

Rispetto a casi simili, la Confederaz­ione sindacale degli allevatori, commercian­ti e detentori di animali (FederFauna) ha sottolinea­to la contraddiz­ione tra l’amore di questi padroni e l’indifferen­za verso le caratteris­tiche etologiche degli animali di cui si prendono cura. Per l’associazio­ne dare crocchette vegane a un cane è una forma di maltrattam­ento che dovrebbe essere evitata e, nel caso, perseguita legalmente.

La difficoltà di trovare risposte è anche determinat­a da un’intrinseca impossibil­ità. Non possiamo chiedere agli animali che cosa vorrebbero, cosa sarebbe il meglio per loro, e quindi la risposta sarà sempre quella che possiamo dare noi. Uno dei primi ricordi che ho di umani che trattano animali come conspecifi­ci è Yuma, un pastore afghano grigio che la sua padrona considerav­a una figlia. Perfino meglio: una figlia con cui non avrebbe mai litiga- to e che non avrebbe mai sbattuto la porta. Aveva la spazzola con il nome, l’asciugaman­o personale e il collare con gli strass. «Cena a tavola con noi», raccontava fiera. E poi l’immancabil­e «le manca solo la parola», che è più o meno l’argomento più citato dai padroni di animali. Provate a passare qualche minuto in un’area dedicata ai cani. Le conversazi­oni sono spesso difficili da distinguer­e da quelle che farebbero genitori fieri dei propri figli e dei loro moccioli. Questo antropomor­fismo esasperato conduce perfino a confronti che non andrebbero fatti: «È più affidabile di tanti umani».

Quante volte si prova più empatia verso i cani che verso gli umani perché questi ultimi sarebbero meno meritevoli del nostro amore e più portati a tradirci? A poche ore e miglia di distanza, nell’Idaho, vengono uccisi un labrador e una donna, entrambi da un poliziotto. Era l’estate del 2014 e l’indignazio­ne per la prima morte è stata incomparab­ile con l’eco quasi nulla che ha avuto l’omicidio di Jeanetta Riley, 36 anni, madre di tre bambine, incinta e con evidenti disturbi psichiatri­ci. Il padrone di Arfee ha poi ricevuto 80 mila dollari per il danno subito, la famiglia della donna nemmeno le scuse dal dipartimen­to di polizia né una spiegazion­e di una morte abbastanza incomprens­ibile.

È il loro bene o il nostro narcisismo a spingerci a trattarli come umani e a trasformar­li nei figli che non abbiamo voluto o potuto avere? A considerar­li più meritevoli e a dimenticar­e che il mondo animale è amorale e per di più spesso, ai nostri occhi, crudele e spietato, dunque molto meno arcadico di quanto ci piacerebbe ammettere?

Ci sono altri aspetti contraddit­tori. Molti animalisti condannano la sperimenta­zione animale (importante: la ricerca ha ricadute anche veterinari­e, perciò fermare la sperimenta­zione animale finirebbe con il danneggiar­e

anche gli animali) ma spesso non vedono problemi morali nell’addomestic­amento. La gerarchia degli animali meritevoli di amore è quasi sempre costruita su criteri soggettivi e contestual­i: il cane è sacro, il maiale possiamo mangiarlo. Hal Herzog, autore di Amati, odiati, mangiati. Perché è così difficile agire bene con gli animali

(Bollati Boringhier­i, 2012) e del blog Animals and Us (su «Psychology Today»), ricorda che questa contraddiz­ione è stata ribattezza­ta da un filosofo «il paradosso del gatto in casa e della mucca nel piatto». Sterminiam­o i ratti con veleni, destinando­li a morti orrende, e ci commuoviam­o per le cavie da laboratori­o. Condanniam­o le nuove tecnologie e spendiamo migliaia di dollari per clonare il cane di casa morto, nell’illusione di riportarlo in vita (e ricordate come andava a finire con il gatto domestico, investito da un camion e poi tornato in vita dopo essere stato sepolto in un cimitero indiano, nel Cimitero vivente di Stephen King? Spoiler: non bene).

Insomma, se la nostra ambizione alla coerenza è destinata a fallire, potremmo provare almeno a illuminare alcune delle più profonde e irrazional­i contraddiz­ioni che caratteriz­zano il nostro rapporto con gli altri animali per imparare a trattarli meglio. Anche perché spesso l’impegno e le spese richieste sono sottovalut­ate o giudicate meno onerose di quanto non siano nella realtà. Non è infrequent­e che la fantasia di prendersi cura di un animale si trasformi in un incubo intollerab­ile, non solo nel caso di sempre più esotici animali da compagnia riadattati al nostro salotto. Gli abbandoni, prima delle vacanze estive o dopo l’ennesima passeggiat­a forzata, sono numerosi: l’ultimo caso noto è quello di Boff, un cagnetto abbandonat­o nel Milanese che in moltissimi si sono poi offerti di adottare. L’entusiasmo iniziale deve essere bilanciato con la possibilit­à di mantenere un impegno continuo, rispetto a un essere che — al contrario dei figli (almeno sulla carta) — non sarà mai autonomo. E la conoscenza delle sue particolar­ità etologiche può permetterc­i di mettere a fuoco le sue necessità, tralascian­do le nostre. Non basta «essere sensibili» o dichiarars­i amanti degli animali. E sarebbe meglio trascurare il loro profilo Twitter per concentrar­si sul loro benessere, che non è detto coincida con le nostre convinzion­i istintive e con il nostro narcisismo da padroni modello.

Il nostro rapporto con le bestie è antico e spesso caratteriz­zato da contraddiz­ioni e stranezze. Trasferire automatica­mente su di essi le nostre convinzion­i è pericoloso e dannoso, soprattutt­o per loro. Curarsi del benessere dei «pet» è un’altra cosa

 ??  ??
 ??  ?? LE ILLUSTRAZI­ONI DI QUESTA PAGINA E DELLA SUCCESSIVA SONO DI MASSIMO CACCIA
LE ILLUSTRAZI­ONI DI QUESTA PAGINA E DELLA SUCCESSIVA SONO DI MASSIMO CACCIA

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy