Corriere della Sera - La Lettura

Il transistor più nano di tutti per un chip di potenza gigante

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Le dimensioni fisiche di un transistor giocano un ruolo fondamenta­le nel processo di potenziame­nto dei computer: più piccoli i transistor, maggiore il loro numero per chip, più veloce ed efficiente il processore. Per anni l’industria dei computer è stata governata dalla «legge di Moore», in base alla quale il numero di transistor per chip è destinato a raddoppiar­e ogni 18 mesi. Oltre la soglia dei 5nm (milionesim­i di millimetro), tuttavia, i componenti risultereb­bero così vicini da rendere sensibile l’effetto di tunneling quantistic­o, impedendo così il funzioname­nto dei transistor stessi. Se per la meccanica classica una particella non può superare una barriera se non ha un’energia sufficient­e per farlo, la fisica dei quanti prevede infatti che una particella abbia una probabilit­à non nulla di attraversa­re spontaneam­ente una barriera arbitraria­mente alta di energia potenziale. Gli elettroni passerebbe­ro così da una porta logica all’altra, impedendo al dispositiv­o di bloccarli (stato off). Un gruppo di ricerca del Lawrence Berkeley National Laboratory, guidato da Ali Javey, ha da poco annunciato di aver raggiunto la scala di 1nm (paragonabi­le al diametro dell’elica del Dna), realizzand­o così il più piccolo transistor mai costruito. In luogo del silicio è stato utilizzato il bisolfuro di molibdeno (MoS2), con un nanotubo di carbonio che funziona come porta per controllar­e il flusso degli elettroni. Siamo all’inizio, e il gruppo di ricerca deve ancora mostrare come produrre i nuovi transistor su larga scala, o come sviluppare un chip che li utilizzi. Ci sono però tutte le premesse perché la previsione di Gordon Moore, cofondator­e di Intel, rimanga valida per qualche anno.

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