Corriere della Sera - La Lettura
La resurrezione della metamorfosi Un viaggio per ristorare la psiche
Ancora oggi si pratica la metamorfosi. Un tempo era prerogativa degli dei. Mutavano forma per possedere gli umani, ingannarli, asservirli, vendicarsene. Trasformavano gli umani. Gli sciamani padroneggiavano l’arte del diventare spirito, farsi ponte con l’altro mondo e assumerne i poteri. La metamorfosi è uno stato della mente, attraverso il quale assumiamo in una terra parallela altre sembianze, vesti di cui in qualche modo ci approprieremo. La pratica della trasformazione immaginativa viene appresa dagli psicoterapeuti: Jacob Moreno, Milton Erickson, Fritz Perls aprivano il teatro della mente. I loro pazienti lo visitavano, uscendone, talvolta, diversi. Poi la psicoterapia diventa scientifica, risponde al mandato di responsabilità: rendere conto dei suoi effetti e prevedere, almeno in parte, a quali condizioni sarà curativa. La psicoterapia cognitiva più di tutte si è assunta questa missione. Nel farlo ha perso fascino. La
prassi metamorfica relegata nelle grotte, la psicoterapia si fa ragionamento. Poi ti accorgi che il cognitivismo si è risvegliato. Hackmann, Bennet-Levy e Holmes nel libro Le tecniche immaginative in terapia
cognitiva (Eclipsi, 2014) recuperano gli strumenti di cambiamento basati sul viaggio immaginario. Ti senti fragile, covi rabbia e vorresti ribellarti, invano. Il terapeuta ti riporta nella scena dove l’aggressore ti sottometteva. Non la racconti, ci torni dentro. Tensione, angoscia, paura. Il terapeuta ti guida: respiri a fondo, gli parli. Le parole escono da un luogo che non conoscevi, è come rubare la forza all’animale sacro. La metamorfosi oggi si chiama miglioramento terapeutico.