Corriere della Sera - La Lettura
Così anticipa la saga di Hap & Leonard
Quando da ragazzo, negli anni Settanta, Joe Lansdale lesse l’autobiografia di Nat Love, storia vera di un cowboy afroamericano figlio di uno schiavo, trovò i temi che nei decenni successivi sarebbero stati quelli centrali della sua opera: il West, il razzismo, il passato che ritorna, il rapporto tra mentore e allievo, la violenza e la sopraffazione, l’onore e il senso dello humour. Paradise Sky nell’opera — molto vasta, e a volte diseguale per efficacia ma sempre costante nella dedizione dell’autore a raccontare una storia — dello scrittore texano è un libro importante. Lansdale ricrea un Love non corrispondente al cento per cento a quello che troviamo nei documenti: il vero Love non aveva (e come avrebbe potuto, peraltro) lo humour del protagonista di questo romanzo, era più dedito all’alcol che alle bibite. Quello di Paradise Sky pare più il bisnonno del Leonard Pine della saga lansdaliana di Hap & Leonard ma ci accompagna in un viaggio nel West finalmente realistico, dove i cowboy afroamericani erano quasi il venti per cento del totale ma finirono cancellati dall’epopea. Love è un eroe costretto a guardarsi alle spalle per non finire linciato dai vigilantes bianchi. E nel 2016 dei neri disarmati che finiscono ammazzati senza motivo dalla polizia, nel 2016 di Trump che riceve senza vergogna l’endorsement di quel che resta del Ku Klux Klan, ci consola il racconto di Lansdale su questo cowboy deciso a resistere, a vedere l’America da uomo libero, a trovare l’amore, nella bella traduzione di Luca Briasco (una donna che parlava alle anatre «anche se, per amore di onestà, non ho mai sentito un solo uccello che le rispondesse»). Deciso a vivere, finalmente, come un essere umano.