Corriere della Sera - La Lettura
Girotondo d’amore intorno al ventilatore
Quattro storie tenute insieme dal passaggio di mano di un elettrodomestico
Io te e il ventilatore. È un oggetto il centro attorno a cui vorticano le 160 pagine di Lo stesso vento (Voland). Nel suo nuovo libro Valerio Aiolli, scrittore fiorentino che nel 1999 ha esordito per le edizioni e/o con Io e mio fratello (a cui sono seguiti altri cinque romanzi), riesce ad attraversare sessant’anni di storia. Lo fa nel modo che gli è più congeniale, attraverso la lente delle relazioni, dei sentimenti.
Quattro coppie a Firenze e dintorni si passano il testimone del ventilatore, un regalo («È l’ultimo modello. Appena iniziato a produrre. Nei negozi ancora non si trova») che, nel 1940, l’ope- raio Fausto offre alla fidanzata Adriana, sedicenne figlia di un piccolo borghese con simpatie fasciste. «Come si può pensare di sposare uno che per festeggiare il sesto mese insieme ti regala un ventilatore?», si chiede lei che sogna di fare la modista e avrebbe desiderato un anello, un braccialetto, una gita al mare o anche una risma di carta da disegno. E invece sposerà l’uomo del ventilatore, avranno un figlio, si lasceranno.
Quel ventilatore seguirà Adriana anche nella sua nuova vita con il Professore, un marxista che odia l’America e si diletta di psicoanalisi. Fino a quando, e siamo nel ‘68, il figlio Vittorio porterà il ventilatore al mare, per una fuga d’amore nella casa della fidanzata Francesca.
Aiolli fa, in qualche modo, agire l’oggetto attribuendogli la svolta narrativa del romanzo, l’evento centrale che non viene mai esplicitamente raccontato ma lasciato intuire. Il ventilatore, rimasto nella casa del mare, verrà recuperato dai genitori di Francesca (la coppia Peppe e Bianca) anni dopo, finirà in un mercatino e poi su una tela di Guido, pittore dilaniato dall’amore per Andrea che non può manifestare alla famiglia e al mondo. Nel quadro esposto in una mostra in cui en- tra per caso, Fausto ritroverà l’oggetto portato in regalo sessant’anni prima alla fidanzata. Il cerchio narrativo si chiude, si può dire all’insaputa dei protagonisti che hanno legami con l’oggetto, non tra di loro.
Aiolli procede per dettagli e dialoghi minimi, con uno stile asciutto, leggero, soppesando ogni parola, evitando orpelli e digressioni. Ogni capitolo è una scena, ogni scena una storia. Dentro riesce a mettere tutto, a cogliere lo spirito del tempo, seppur attraverso brevi accenni, pennellate: Mussolini che dal balcone di piazza Venezia annuncia l’entrata in guerra dell’Italia, la campagna di Russia da cui Fausto torna con una luce buia negli occhi, Kennedy e l’austerity, La dolce vita e la rivoluzione sessuale, l’enciclica
Humanae Vitae, la caduta del Muro di Berlino, la tragedia di Vermicino. Ad Aiolli interessa l’amore che nasce, che finisce, che, a volte, ritorna in una geometria variabile in cui l’unico assioma è il bisogno di relazioni. I personaggi emergono come in un bassorilievo da questo sfondo, perché lo scrittore riesce a dare loro un spessore psicologico, anche in assenza. Ci riesce soprattutto con le figure dei genitori (Adriana e Fausto, Peppe e Bianca), meno con Guido e Andrea, coppia gay la cui rappresentazione risulta un po’ convenzionale.