Corriere della Sera - La Lettura
CHE SUONO FANNO I COLORI DEGLI USA
Stefano Zenni, importante studioso della cultura afroamericana, torna in libreria gettando un sasso in uno stagno profondo e oscuro. Che razza di musica (lo pubblica Edt, pagine 184, € 11,50) esplora un argomento colmo di stereotipi, quello della musica statunitense vista dalla prospettiva del colore della pelle dei suoi protagonisti. Quando si parla di generi come blues o soul (o, all’inverso, country) si dà per scontato che solo chi ha il colore «giusto» possa suonarli con la dovuta autenticità. Più complesso, ma infestato di luoghi comuni, il discorso sul jazz. La suddivisione della società d’oltreoceano in base al colore è totalmente convenzionale (magnifiche le pagine sui moduli del censimento), Zenni racconta nei dettagli una realtà inevitabilmente ibrida e descrive peculiari paradossi come il coloring (la gerarchia presente fra neri chiari e scuri) o il passing (la scelta dei più chiari di farsi passare per bianchi); ma esistono anche casi opposti, come il famoso soulman Otis Redding, di schietta origine greca. Sì, perché Zenni mette in campo anche le differenze fra le minoranze europee fra i quali ebrei e italiani. L’autore sconta certi difetti d’approssimazione tipici del pioniere: per esempio, non è abbastanza studiata l’interazione fra provenienza etnica e contesto sociale, che il più delle volte è determinante per l’«autenticità» espressiva dei musicisti. Ma un saggio del genere non era mai stato tentato, e andava scritto.