Corriere della Sera - La Lettura

In Perù, dove il petrolio ora strangola l’Amazzonia

L’inquinamen­to causato dal petrolio ha stravolto l’Amazzonia peruviana

- testo di ANGELO FERRACUTI

Men tre l’ aereo volteggia mettendosi in posizione per l’atterraggi­o all’aeroporto di Iquitos, dall’oblò scorgo tra la nebbia e i fumi dei motori squarci verdissimi di foresta, e canali che serpeggian­o come lingue d’acqua limacciose. Non c’è altro modo per raggiunger­e questa località dell’Amazzonia peruviana nella regione di Loreto, o ci si arriva in volo o ti ci porta il fiume.

Appena metto piede sulla scaletta, un’aria gravida mi prende il respiro, l’umidità s’impossessa di corpo e pensieri. All’uscita, sudatissim­o, salgo su un taxi guidato da un uomo dai segni somatici marcatamen­te indigeni, transitiam­o lungo una strada dritta di una periferia di palazzi colorati, che porta verso il centro di questa città di 500 mila anime dove corrono come sciami impazziti i motocarros, moto-taxi con carrozzino. Non so come potrebbe vivere Iquitos senza, e cosa sarebbe privata della loro incredibil­e vitalità.

In Piazza delle armi si trova la Cattedrale di San Giovanni Battista, dalla facciata ocra. All’ingresso c’è un vecchio cieco che sta parlando con un uomo. Quando chiedo dove si trova il parroco, si alza in piedi, afferra il bastone con una mano e mi porge l’altra affinché lo sostenga, scortandom­i verso l’ufficio che sta poco più avanti, dove mi attende questo prete giovane, Angel Benito Garcia, in testa un cappellino verde con la visiera. Con lui c’è anche il preposto, un uomo basso e un po’ goffo col collo corto e gli occhi svegli, che mi fa accomodare. Miguel Fuentes Prieto, anche lui spagnolo, è qui da 33 anni, quando i suoi superiori l’hanno spedito ancora novizio al nord del Perù. La prima a nascere fu «La voce della giungla», proprio a Iquitos, che poi cominciò a trasmetter­e anche a Nauta. «Queste emittenti però andavano in onda senza licenza, perciò nel 2003 lo Stato peruviano le ha costrette a mettersi in regola. Così è nata Radio Ucamara», racconta. «Concepita come una radio evangelica, ma anche per ridare valore alla lingua e al- la cultura del popolo kukama, fu Miguel Ángel Cadenas che ne cambiò l’orientamen­to», sostiene. Vive ancora qui a Iquitos, se voglio può chiamarlo e capire se è in grado di ricevermi, m’informa. Angel Benito, seduto sul divanetto comodo, sopra di lui il ritratto di Papa Franciscus, cerca di spiegarmi: «L’evangelizz­azione non significa solo comandamen­ti, sacramenti, qui siamo sulla linea della Teologia della liberazion­e, la nostra è una chiesa progressis­ta». Il parroco conferma quanto dice: «Ascoltiamo i problemi del popolo, e cerchiamo di stare dalla loro parte, perché più del petrolio, uno dei mali che affligge questa regione è l’inquinamen­to culturale, oltre a inquinare il fiume o la terra s’inquina anche l’identità delle popolazion­i». Dice che la radio ha cercato di dare una risposta alla marginaliz­zazione dei nativi che abitano la selva, perché le loro vite sono state stravolte già negli anni Settanta dal boom delle estrazioni che ha cambiato radicalmen­te l’economia e gli stili di vita. La multinazio­nale argentina Pluspetrol, che se n’è appena andata dopo aver lasciato macerie, infatti, non ha solo portato inquinamen­to distruggen­do l’ambiente, ma con l’arrivo del denaro sono arrivati anche consumismo e prostituzi­one. «La radio denunciò tutto questo, allora iniziarono le minacce, i conduttori erano chiamati indio o cholo, appellativ­i dispregiat­ivi». Il parroco dice che la radio negli ultimi tempi ha avuto dei problemi tecnici, per qualche periodo è stata costretta a interrompe­re le trasmissio­ni e ha bisogno di un nuovo ripetitore.

Uscito dalla Cattedrale, sulla piazza riprendo al volo un altro motocarro e chiedo al ragazzo di portarmi alla parrocchia La Inmaculada. Miguel Ángel è stato avvertito, mi fa accomodare in tinello, intorno a un tavolinett­o. Comincia a raccontare: «All’inizio non avevamo il permesso, e quando lo ottenemmo, pretesero che cambiassim­o il nome, che allora era “La voce della selva – Nauta”, così pensammo a Ucamara, cioè un nome che mescola insieme quelli di due fiumi, l’Ucayali e il Marañón, i quali insieme danno vita al Rio delle Amazzoni». Pensò subito di cambiare anche il modo di lavorare. «Avevo capito che c’era una grande distanza tra le comunità e la vita locale, andavano rafforzate nell’identità, questo è stato il punto di partenza per fare una radio periferica». Poi racconta che per le tante popolazion­i della foresta l’importante è trovare un nemico esterno comune, altrimenti lo cercano all’interno. «I danni prodotti dalle aziende petrolifer­e sono serviti da stimolo affinché gli abitanti dei villaggi possano controllar­e il proprio territorio, e questa cosa li tiene uniti; se riportano tutto alla realtà, trovano altri problemi riferiti alla stregoneri­a e si uccidono tra di loro». Dice che Radio Ucamara si è conquistat­a una grande popolarità, agisce in un raggio di cinquanta chilometri e ormai ha 45 mila ascoltator­i. Ma il loro rapporto con queste comunità è complicato, «vedono la chiesa in forma sciamanica, una mescolanza tra le loro tradizioni e il cattolices­imo, secondo i kukama l’acqua benedetta li protegge dagli spiriti maligni». Poi mi racconta una cosa che lo diverte molto, cioè che durante la messa quando i fedeli devono scambiarsi il segno di pace, cercano davvero qualcuno con il quale hanno litigato o c’è stato uno screzio.

La mattina seguente parto da Iquitos su un pulmino da otto posti guidato da un autista spericolat­o. La strada è la stessa che va all’aeroporto, poi a un certo punto devia in un’arteria secondaria più stretta, dove gli alberi e la vegetazion­e ai lati convivono con palazzi sempre più fatiscenti; ancora qualche chilometro e inizia la foresta, la natura gradualmen­te prende il sopravvent­o sul cemento. Stiamo nel cuore della riserva Allpahuayo Mishana, capanne di legno con i tetti di paglia a pagoda e laghetti accanto ai villaggi, nella strada che taglia il Río Itaya. Nella zona del Puente Zaragoza il paesaggio della natura intorno si alza, diventa più avvolgente, nelle collinette erbose piante di eucalipto, palme, e siamo già davvero a Nauta.

Radio Ucamara è proprio in centro, a ridosso del fiume, che si vede in lontananza, un edificio celeste pastello con la scritta e il numero della frequenza, 98,7 fm, e in corsivo lo slogan

siamo vicini. Il caldo tropicale si fa sentire

Radio Ucamara cerca di dare una risposta alla marginaliz­zazione dei nativi

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di. A. FERRACUTI e G. MARROZZINI
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fotografie di GIOVANNI MARROZZINI
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In questa pagina, da sinistra: Rio Marañón, bambina kukama mangia su una piccola isola in mezzo al fiume; spesso le isole che si formano durante la stagione secca vengono utilizzate dai pescatori come approdi per ristorarsi. Radio Ucamara, Nauta,...

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