Porto il jazz sulle vette delle Dolomiti e nulla è difficile come il contrabbasso

La sua banda suona il jazz. Anzi, le sue band: che hanno trasformato l’area di Rovereto e l’intero Trentino in un incubatore di nuova musica dal vivo. Mariano Bonomi, 58 anni, è tecnico del suono da una vita. Grazie al suo mixer, sempre più digitalizzato, hanno suonato Paolo Fresu, Rita Marcotulli, Roberto Gatto, Enrico Rava. «Ma anche — tiene a dire — Franco D’Andrea e Stefano Bollani. Due generazioni di pianisti, esigenze diverse. Chi richiede più attenzione? D’Andrea perché dopo tanti decenni ha le idee più chiare…». Giorni di prove per cucire intorno al jazz un vestito di colori, livelli di suono e qualche eco (se serve). «I professionisti arrivano con appunti scritti ed esigenze precise. Sanno quello che vogliono — confida Bonomi — poi aver lavorato con Elvin Jones, Herbie Hancock, Joe Zawinul, Dave Holland, Chick Corea, Paul Motian, Richard Galliano, Bill Frisell, Jack DeJohnette e tanti altri, aiuta». E quale strumento crea più problemi? «Non ci crederete ma è il contrabbasso. Elettrificarlo bene è più complesso che intervenire sul piano o sui fiati. Ma una volta trovati gli equilibri giusti prima del concerto, il più è fatto». Eccezioni? «Lavorare con il compianto Michel Petrucciani, con Steve Swallow, con Carla Bley. E seguire secondo dopo secondo un assolo con rullante di venti minuti di Max Roach». Tante stelle del jazz. E i musicisti locali? «Fondamentale il lavoro con la big band di Pergine. Le grandi esperienze? Con un direttore artistico del calibro di Enzo Costa». Amplificare un suono è sempre la cosa giusta? «Dipende. Ai Suoni delle Dolomiti, con concerti in quota e nella natura, dobbiamo calibrare tutto. E senza quasi far vedere casse acustiche e microfoni».

Mariano Bonomi (Rovereto, 58 anni) è tecnico del suono specializzato nel jazz