Corriere della Sera - La Lettura
Tirare avanti schiacciati sul presente
La diagnosi non rassicura: nel libro La vita al tempo della crisi (Einaudi, pp. 111, € 12) Amalia Signorelli descrive la «paralisi progettuale» degli italiani, che si sentono «preda di forze oscure e incontrollabili, di un destino incerto e inconoscibile del quale appare impossibile essere gli artefici». L’impoverimento materiale ha interagito a fondo con difficoltà preesistenti, fino a spiazzare riferimenti etici e cognitivi. Ne è scaturita una «crisi culturale» dai riflessi pesantissimi sugli individui e sulle famiglie. L’imperativo di essere «sempre al meglio», tipico della mentalità consumista, scoraggia la procreazione, in quanto oggi assicurare quel «meglio» ai propri figli è terribilmente oneroso. La crisi di ruolo dei genitori si somma alla perdita di autorità della scuola e viene ancor più enfatizzata dal forzato ritorno in gioco dei nonni, per via del reddito sicuro che viene dalle loro pensioni. Il risultato è che oggi molti italiani reggono solo a patto di vivere «giorno per giorno, forse addirittura ora per ora», evitando di guardare avanti. L’eterno precariato impedisce di trovare nel lavoro una fonte d’identità e dignità. All’incertezza del diritto, endemica in un Paese fondato sulle relazioni personali, si aggiunge l’avvizzirsi delle reti clientelari per il calo delle risorse pubbliche. E sprofonda in basso anche l’afflusso al voto, mentre l’unico canale di mobilità sociale sembra rimasto la fuga all’estero. Davvero un mosaico cupo, quello proposto da Amalia Signorelli, cui manca peraltro il tassello dell’immigrazione extracomunitaria, che cambia il volto dei quartieri, accentua l’illegalità, alimenta lo spaesamento. Mentre monta in Occidente la protesta xenofoba, un accenno questo fenomeno l’avrebbe meritato. Purché non si ritenga, sbagliando, che sia un falso problema.