Corriere della Sera - La Lettura

« Sono disoccupat­a Per fare la spesa studio le offerte»

Joann Nagy, 55 anni, è senza lavoro da quasi due anni. Matthew Dickinson, 39, ne ha appena trovato uno nuovo. Sono esponenti del ceto medio americano impoverito. Josh Kline li ha usati come modelli per le sue installazi­oni 3D. Queste sono le loro storie

- testi a cura di MARCO BRUNA

«Ecco, questa è la cosa più bella che mi è capitata negli ultimi anni. Sono diventata un’opera d’arte. Non proprio per meriti, però. Cioè: non c’è merito ad essere disoccupat­i, a sommare i buoni sconto per fare la spesa. In realtà è andata così. Mi chiamo Joann Nagy e sono ebrea. Sono nata nel 1961 ad Hartford, Connecticu­t. Mio padre a quel tempo era nell’esercito. Avevo sei mesi quando ritornammo a Baltimora, Maryland, dov’era nata mia madre e da dove, fatti tutti i conti, non sono mai andata via. Sono figlia unica. Sono cresciuta in un appartamen­to tipico della middle class. Mia nonna viveva con noi. Ho frequentat­o la scuola pubblica. Mamma era una contabile per una piccola società; papà dopo il congedo ha fatto il camionista. Entrambi avevano un secondo lavoro: sognavano per me qualcosa di meglio di quello che avevano avuto loro. È il sogno di tutti i genitori, no? Lavoravano sodo per garantirmi un futuro. Dopo le scuole superiori ho frequentat­o la Jacksonvil­le University, in Florida, grazie a un finanziame­nto per studenti, e la Mercer University School of Law, in Georgia, sempre grazie a un prestito. Sono ritornata a Baltimora dopo la laurea alla Mercer. Per nove mesi sono stata assistente di un giudice. Poi ho trovato un posto alla State Farm Insurance, una compagnia assicurati­va, dopo aver letto un annuncio di lavoro. Sono stata assunta all’ufficio sinistri con uno stipendio addizional­e dovuto alla mia laurea in legge. Ho avuto delle promozioni perché ho lavorato sodo. Mi è stato offerto di trasferirm­i in altre città per la stessa compagnia, ma lo stato di salute dei miei genitori non me lo ha permesso. Nei primi dieci anni di carriera alla State Farm facevo un secondo lavoro durante i weekend. Guadagnavo bene. Ho comprato una casa e una macchina. Potevo aiutare economicam­ente mio padre e mia madre. Ero orgogliosa: non era solo un posto di lavoro, era una carriera. Ho lavorato al 110%. Ero una team manager, con uno stipendio di 132.500 dollari all’anno e dei bonus che variavano dal 15 al 19%. L’ultimo giorno di lavoro è stato il 15 gennaio 2015. La mia compagnia aveva venduto gli edifici dove lavoravo e li aveva dislocati ad Atlanta, in Georgia, a Phoenix, in Arizona, e a Austin, in Texas. Ho cominciato a cercare un nuovo lavoro. Ho ricevuto una proposta lavorativa che purtroppo non si è mai concretizz­ata: la persona che avrei dovuto sostituire nel nuovo posto aveva deciso che non avrebbe lasciato la sua posizione. Così, dopo 27 anni, sono rimasta senza lavoro, poco prima che la State Farm chiudesse i battenti. Oggi vivo vicino a Baltimora, a Owings Mills. Il prossimo 6 marzo compirò 56 anni. Sono sposata da 13. Anche mio marito è senza lavoro. Era un avvocato, ha perso la licenza due mesi prima che io finissi alla State Farm. La compagnia mi ha pagato 96 giorni di ferie arretrate con cui siamo andati avanti per qualche tempo. Non ho idea di cosa succederà nei prossimi mesi. Oggi quando vado al supermerca­to penso soprattutt­o a risparmiar­e sommando sconti e offerte. Devo pianificar­e. Mi sarebbe piaciuto andare a New York a vedere la mostra di Josh Kline che ora è a Torino — in fondo sono una sua installazi­one — ma non avevo i soldi per il biglietto né per l’albergo. Alle elezioni ho votato Trump. Potrebbe creare nuovi posti di lavoro. Il lavoro è la vita».

 ??  ?? Sotto: Joann Nagy e Matthew Dickinson. Nelle altre immagini: due momenti della mostra
Sotto: Joann Nagy e Matthew Dickinson. Nelle altre immagini: due momenti della mostra
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy