Corriere della Sera - La Lettura
CHE FORZA LA MENTE DISTRATTA
Avevo bisogno di una scusa. Un dato scientifico che mi garantisse l’assoluzione da parte della mia compagna, dei colleghi affezionati, dei miei figli. Guardo il libro di Michael Corballis La mente che vaga ( traduzione di Sara Parmigiani, Raffaello Cortina, pp. 164, € 17) e negli occhi ho lo stesso lampo di un ladro a cui affidano la cassa del supermercato. Lo sfoglio, è mio. Mi serviva un testimone pronto ad affermare che il vagare con la mente è salutare, normale, dignitoso. Distrazione, testa tra le nuvole la chiamano gli accusatori, gente di senso pratico. Ora posso rispondere: il vostro disappunto è infondato. Io e tutti i viaggiatori della mente — mai più osiate chiamarci distratti — svolgiamo mansioni utili. Sia messo a verbale: il vagare corrisponde allo stato naturale della mente a contatto con se stessa, supportata dall’attività di aree cerebrali definite default mode network. Ottenuta l’assoluzione, mi tocca essere onesto. Il vagare con la mente ha due facce. È associato alla capacità di staccarsi dagli stimoli contingenti, costruire mondi alternativi e agevolare la creatività. D’altra parte è infarcito di rimuginio, la tendenza ad aggrovigliarsi sulle preoccupazioni e a farle crescere. O alimenta certezze consolatorie. I narcisisti, durante il vagare mentale, dimorano nelle fantasie di un futuro grandioso, ma se non lo fanno rivangano un passato inquietante. Buon antidoto al vagare sterile è la mindfulness, l’arte di coltivare la consapevolezza del presente. Immagino una società di viaggiatori mentali che rivendichino il diritto a essere altrove, vestendo magliette con l’avviso: «Stiamo creando». Quel viaggio non ce lo interrompete.