Corriere della Sera - La Lettura
Chris Ware, letteratura a fumetti Così si mescolano spazio e tempo
Maestri Il disegnatore americano sarà al «Bilbolbul» di Bologna per la prima mostra monografica italiana a lui dedicata, «Il palazzo della memoria»
In pochi anni è diventato un punto di riferimento fondamentale per il mondo della letteratura a fumetti. Chris Ware sarà presente al «Bilbolbul» festival di Bologna all’inaugurazione della prima mostra monografica italiana a lui dedicata, Il palazzo della memoria. Una panoramica sulla sua opera dagli esordi ai lavori più celebri: Jimmy Corrigan, the Smartest Kid on Earth; le copertine per il «New Yorker»; Quimby the Mouse; fino alle tavole e disegni originali di Building Stories, un capolavoro che nella sua complessità e ricchezza di materiali stupisce per l’impatto grafico e la raffinatezza narrativa.
Si tratta di una scatola delle dimensioni di un tipico gioco da tavolo, contenente un cartonato su cui sono disegnate le facciate di un palazzo, il luogo attorno al quale orbitano le vite dei personaggi, un paio di libri, piccoli album, una serie di fascicoli illustrati, alcuni tabloid a fumetti. Quattordici pubblicazioni di vari formati per raccontare una storia senza inizio né fine, dove il lettore sceglie il punto d’ingresso nella narrazione e decide come continuare a scoprire i dettagli del racconto.
Ne è stata annunciata come imminente l’edizione italiana da parte di Bao Publishing. La protagonista di Building Stories è una ragazza di cui non conosciamo il nome che ha subito un’amputazione alla gamba sinistra. La vediamo in varie fasi della vita: madre di una bambina di sei o sette anni, vive a Oak Park, sobborgo residenziale di Chicago, poi, passando a un albo diverso, la troviamo preda delle sue ansie da trentenne single e dedita alle sue aspirazioni e ai goffi tentativi di diventare scrittrice. In altri racconti ecco le storie parallele sull’anziana proprietaria di casa, sulla coppia del piano di sotto o su Branford the bee, l’ape di cui la protagonista racconta la storia alla figlia per farla addormentare. Dettagli letti in un albo spuntano in un altro in un gioco di rimandi dove la memoria ha un ruolo fondamentale. L’abilità di Ware è in questo, saper appiattire esperienza e memoria nella pagina: rimescolare lo spazio e il tempo è una delle caratteristiche della sua narrazione con cui crea un ritmo perfetto.
Questo particolare oggetto conferma la determinazione di Ware nel cercare un contatto fisico e coinvolgente per il lettore, come già aveva fatto con la launch box di Rusty Brown (personaggio serializzato che forse finirà in un libro), un vero cestino per la merenda contenente il fumetto, o quando realizza il manifesto che opportunamente piegato costituisce la sovraccoperta della prima edizione Usa di Jimmy Corrigan, idea che riproporrà per il volume McSweeney’s 13, The Comics Issue nel 2004. Un lento e costante lavoro di sperimentazione e ricerca che si concretizza in una serie di innovazioni grafiche geniali, fonte di riflessione sulle enormi possibilità di un mezzo di espressione che sembrava non stupire più.
Il suo è un lavoro fortemente riflessivo, dove le immagini vanno prima lette e poi guardate. Considerato uno degli esponenti più rappresentativi della «linea chiara» americana, lo stile pulito che consiste in un segno grafico chiaro e preciso; il suo tratto «vettoriale» realizzato manualmente col pennello senza modulazioni di sorta, sembra derivare direttamente da Otto Soglow, che realizzava piccoli disegni ironici perla sezione«The talk ofthe town» del «New Yorker» o Crockett Johnson autore di Barnaby; parlando di influenze stilistiche la ricercatezza nella costruzione delle sue tavole rivela la profonda conoscenza di Little Nemo di Winsor McCay, la frantumazione delle vignette che rispetta rigidissime gerarchie geometriche osiamo dire che ricordi Crepax, ma è più verosimilmente una reinvenzione da Spirit di Will Eisner. Autori di livello sedimentati nella memoria di un appassionato consumatore di comics.
Ma è solo una parte del tutto perché il ritmo della narrazione, le pause, i silenzi, le sovrapposizioni temporali e la qualità del testo ci restituiscono un’opera davvero unica. Tutto questo lo ritroviamo in Jimmy Corrigan, dove applica la mescolanza tra il tratto alla Hergé (a cui si fa risalire l’invenzione della «linea chiara») e l’approccio compositivo di Edward Hopper, usa i colori generalmente realistici per suggerire il modo in cui si vede il mondo e i disegni in bianco e nero per suggerire il modo in cui si ricorda.
Perché il fulcro del fumetto di Ware è una combinazione di memoria ed esperienza tradotte in un linguaggio visivo semplificato, è una ricerca meticolosa delle immagini cercando la sinestesia come Nabokov o Joyce fanno con le parole.
Art Spiegelman ha definito il fumetto come l’arte di trasformare il tempo nello spazio. Un concetto che Chris Ware dimostra di aver assimilato perfettamente.