Corriere della Sera - La Lettura
L’epidemia di duelli del Mozart di Vigàta
Il 2 marzo 1912 in un alberghetto a ore nei pressi del Pantheon, un tenente di cavalleria che faceva la bella vita uccide a pugnalate, dopo un litigio, la sua amante, la bellissima contessa Giulia Trigona di Sant’Elia, sposata, madre di figli e prima dama di compagnia di Sua Maestà la Regina Elena. Così come il battere di ali di una farfalla in Brasile provoca un tornado in Texas, il fatto di sangue romano rimbalza dalla Capitale fino al lontano Circolo di Conversazione di Vigàta. Nella cittadina camilleriana per antonomasia decidono di battersi a duello, in nome dell’onorabilità o meno della Regina, don Michele Piazza, focoso repubblicano, e il colonnello Anselmo Capatosta, «monarchico fino alla sola delle scarpi». È il primo duello mai verificatosi nella storia di Vigàta e la novità innesca una reazione a catena di innumerevoli altre sfide come se fosse scoppiata un’epidemia di offese da lavare col sangue. A cercare di regolamentare le numerose contese provvede, codice Gelli alla mano (il manuale che fa legge nelle tenzoni cavalleresche), il notaio Prestigiacomo. Ma il codice Gelli, come scoprirà presto a sue spese il povero notaio, contiene articoli nei quali è difficile raccapezzarsi e che ricordano il Comma 22 di Joseph Heller: «Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo». Il duello è contagioso, il racconto che inaugura la raccolta, è trascinante. Né sono da meno gli altri, da quello che dà il titolo al libro e si svolge allegramente dentro un cimitero a Teresina che è un’antifavola di Cenerentola, una Cenerentola dark. Se venisse fuori la notizia che è stato Camilleri lo scriba delle Mille e una notte per me non costituirebbe uno scoop, l’ho sempre pensato. Livio Garzanti, suo primo editore, uomo dal proverbiale caratteraccio e di rari complimenti, diceva che le storie di Camilleri erano «partiture mozartiane». Musica, maestro.