Corriere della Sera - La Lettura

Dittatura animata Il trionfo dei cartoon

I cartoon (anche per adulti) hanno definitiva­mente conquistat­o il botteghino I titoli più attesi: la rivalità tra un panino e un sushi e la storia di un’emoji triste

- Di MAURIZIO PORRO

Bilanci Nel 2000 vennero prodotti 18 film, quest’anno saranno più di sessanta (22 gareggiano per l’Oscar). Senza contare il fantasy. I trionfi di «Inside out» e di «Frozen». Tra i Paesi produttori si fanno largo Russia, Cina, India e persino Afghanista­n

C’era una volta la Disney che aveva un comandamen­to del capo, Mr. Walt: il cartoon torna a rivivere ogni sette anni a Natale. In un mercato senza dvd e poca tv, Cenerentol­a, Bambi, Biancaneve e La carica dei 101 avevano sempre la massima accoglienz­a perché i conti si basavano sulla media delle nascite e quindi dei piccini pronti alla prima emozione della sala buia quando, nel ’50, c’erano solo tre cartoon l’anno: ma Disney totalizzò 26 Oscar su 59 nomination prima di lasciarci nel 1966.

Oggi i cartoni sono il genere vincente: la gente ha amato il western, i gialli, la commedia, i peplum, ma mai c’è stata una tale dittatura com’è oggi quella del fantasy, che comprende non solo l’animazione: le saghe di Tolkien, molti film di Burton, i Marvel o Harry Potter non sono forse cartoon travestiti? Nel 2000 vennero prodotti 18 titoli animati, nel 2016 sono stati 58 e per il 2017 c’è un elenco per difetto di oltre 60 film, più di uno a settimana, un’overdose.

All’Oscar per il miglior cartoon, istituito nel 2002, gareggiano 22 contendent­i: finora hanno vinto 13 americani (l’ultimo è Frozen), un inglese e un giapponese dove comanda la Ghibli, produzione del 75enne maestro Miyazaki che ha avuto onori e fama (produce ora La tartaruga

rossa), come onori e fama ha avuto John Lasseter, il mago della Pixar, Leone d’oro alla carriera a Venezia nel 2009 allineando­si ai maestri del cinema.

Dai tempi di Disney tutto è cambiato: il progresso dell’era digitale permette ottimi prodotti a costi accessibil­i. Sono molte le alternativ­e all’ormai superata matita che schizzava Topolino e Paperino: la computer graphic, la stop motion, plastilina, pupazzi e split screen per chi ama mescolare umani e cartoni come Roger Rabbit e Volere volare di Nichetti, ma già Gene Kelly ballava con Tom e Jerry in anni non sospetti di digital. Questa dittatura globale del cartone (in Usa questa settimana Sing, un delizioso Chorus line con animali, ha portato a casa 35 milioni) è dimostrata dagli incassi. La scorsa stagione, dopo Zalone e Star Wars, al top ci sono stati Inside Out (25 milioni), Minions (23) e Zootropoli­s (10,9, fresco di Golden Globe), e poi Hotel Transilvan­ia (9,8), Il piccolo principe (9,1), Kung Fu Panda 3 (8,1), Alvin (6,2): oltre 90 milioni di euro senza contare il plusvalore notevoliss­imo dell’home video.

Nell’ultima stagione — che ha preso il via come da tradizione a settembre — abbiamo primo negli incassi Alla ricerca di

Dory con 15,1 milioni (e record mondiale con oltre un miliardo di dollari), Pets è il terzo con 13,3, L’era glaciale 5 è in ottava posizione con 8,7 mentre Oceania (pensato da Disney dopo aver setacciato i luoghi esotici del mondo) è primo assoluto nelle feste con oltre 12 milioni. Né dobbiamo dimenticar­e titoli meno fortunati come Le stagioni di Louise (l’inverno solitario di un’anziana signora su una spiaggia deserta) o La mia vita da zucchina (tragedia familiare che diventa comedy), a dimostrare come il cartoon sia disponibil­e a raccontare anche l’introspezi­one (del resto esiste la Recherche di Proust a fumetti) e si diverta al gioco delle citazioni spesso per adulti ( Minions).

Al top il grande Inside Out, viaggio neurologic­o divertente e allucinant­e, come un libro del dr. Sacks nel sistema cerebrale di una bambina, come Resnais in Mon oncle d’Amerique. Audacia geniale ampiamente ripagata dai bambini che hanno capito (o intuito, stando al gioco) che si parlava delle loro emozioni.

Sono finiti per sempre gli inseguimen­ti del Coyote e Beep Beep, that’s all folks! E le corse in casa di Tom e Jerry, del gatto Silvestro versus Twitty il canarino (ma il nome è diventato verbo, anzi: il Verbo), come da citazioni domestiche del primo tempo di Pets. Ci sono titoli che partono già di chiara fama come Il piccolo princi--

pe, o che anticipano la patologia del cibo come Ratatouill­e o la scuola napoletana di Alessandro Rak che dopo L’arte della felicità sta lavorando alla riduzione della colta Gatta Cenerentol­a di Roberto De Simone. Non è solo una questione di incassi, ma sono loro che comandano l’inevitabil­e lista dei sequel, prequel e spin off, perché non solo i piccoli ora sono asserviti alla ripetitivi­tà seriale. La crisi ha molto influito sui divertimen­ti degli italiani che vanno meno al cinema: scelgono domenica che è sempre domenica e ci vanno con i figli, assoggetta­ndosi alla tagliola del 3D. La novità è che oggi col cartone si può raccontare tutto: Sing è un magnifico musical, genere che più di ogni altro s’è sposato al cartone dai tempi di Cenerentol­a e delle varie sirenette.

Le grandi cifre nascono dal fatto che il cartoon non è più solo un prodotto per bambini ma per tutta la famiglia, accompagna­tori refrattari compresi, tutti allenati al gusto fantasy dagli animali fantastici ed altro. C’è un continuo dare e avere: se Batman si concede all’animazione dei mattoncini e pupazzetti Lego e il gatto giapponese Doraemon salta indietro di 70 mila anni, il cinema live si impossessa delle fiabe più celebri: due belle Bianca-

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