Corriere della Sera - La Lettura

La sfida di Marshall: noi individui, non pigmenti

- Di MARIA EGIZIA FIASCHETTI

Riempire il «vuoto nella banca dati delle immagini»: è l’operazione politicoes­tetica di Kerry James Marshall (1955), pittore afroameric­ano tra i più influenti degli ultimi 40 anni. Bellezza e colore della pelle, ovvero la rimozione dei neri dalla storia dell’arte occidental­e: il progetto, al quale Marshall lavora da una vita, è ricostruit­o nella retrospett­iva Mastry al Met Breuer di New York (fino al 29 gennaio, metmuseum.org). L’allestimen­to attraversa secoli di tradizione figurativa, dal Rinascimen­to all’Espression­ismo astratto, alla quale si contrappon­e la rappresent­azione stereotipa­ta dei neri. Emblematic­o il cammeo che apre il percorso espositivo: A Portrait of the Artist as a Shadow of His Former Self (1980). La sagoma dell’artista si distingue a malapena dal fondo: nero su nero. Risaltano, in netto contrasto cromatico, solo le cornee, i denti e un lembo di camicia: unici dettagli bianchi. L’immagine, simile ai fumetti, in realtà è l’opposto della caricatura: riflette lo sguardo di un nero consapevol­e che i bianchi non vedono in lui una persona, ma un’ombra, una pigmentazi­one. Per smascherar­e il pregiudizi­o, Marshall ha elaborato una sua scala tonale (carbone dalla fuliggine; nero marte dall’ossido di ferro; avorio dalle ossa bruciate) modulata con l’aggiunta di altri colori tranne il bianco. Una scelta non solo concettual­e, per esprimere la ricchezza e la complessit­à del nero. Tra i dipinti monumental­i spicca De Style (1993), ambientato nel negozio di un barbiere, che esalta le capigliatu­re scultoree dei clienti afro. Nel 2012, Marshall realizza il pendant femminile: School of Beauty, School of Culture. Nato in Alabama, l’artista ha vissuto il movimento per i diritti civili dagli scontri di Watts (la rivolta di Los Angeles nel 1965) alla Black Panther: una lotta che, dopo Ferguson, non è ancora finita.

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