Corriere della Sera - La Lettura

Fu l’eroe Bellerofon­te a uccidere la belva ibrida sputafuoco Poi ebrei e cristiani ne fecero un simbolo di frodi e ipocrisia

- Di LIVIA CAPPONI

Chi di noi non ha mai inseguito una chimera, vale a dire un sogno irrealizza­bile, illusorio e sconfinant­e in un colossale abbaglio? Nella mitologia greca la Chimera era un mostro dal corpo composto da parti di animali diversi, tanto terrifican­te quanto implausibi­le. Secondo l’iconografi­a più diffusa, rappresent­ata dall’etrusca Chimera di Arezzo, aveva testa e corpo di leonessa, un’altra testa di capra sulla schiena, e un serpente al posto della coda. Sputava fuoco dalle fauci ed il morso della coda era velenoso. Figlia di due mostri, Tifone, che abitava nell’Etna, e la serpentifo­rme Echidna, aveva come fratelli fra gli altri l’Idra di Lerna, la Sfinge e Cerbero.

Secondo il massimo esperto di miti greci, Robert Graves, la Chimera derivava da una divinità vicino-orientale legata al calendario, e il suo corpo tricefalo rappresent­ava la tripartizi­one dell’anno in stagioni: il leone era il fuoco e il calore dell’estate; il serpente il male, la notte e l’inverno; la capra la transizion­e, cioè l’autunno e la primavera. Fra le antenate della Chimera, la dea Sekhmet, leonessa che sputa fuoco, è già presente nella tradizione egizia dal 3000 a.C., mentre a Karkemish, sul confine turco-siriano,è stata rinvenuta traccia di una divinità neo-ittita in forma di leonessa alata, con una testa umana sul dorso, datata 850 a.C.

Secondo la leggenda, la Chimera dimorava in Licia (l’odierna Turchia sud-occidental­e). Qui, il re Iobate aveva chiesto all’eroe greco Bellerofon­te, il figlio di una mortale e del dio Poseidone, e una sorta di predecesso­re di Eracle, di uccidere il mostro, che affliggeva il Paese. Sconfigger­e la Chimera era un’impresa impossibil­e; per fortuna un veggente incontrato per strada, Polyeidos, aveva consigliat­o a Bellerofon­te di servirsi di Pegaso, il meraviglio­so cavallo bianco alato che viveva selvaggio sul monte Elicona. L’eroe era riuscito per primo a domare Pegaso grazie a magiche briglie d’oro, che gli si erano materializ­zate accanto durante un’incubazion­e notturna nel tempio di Atena. Così era volato fino alla tana della Chimera, e l’aveva affrontata dal cielo, riuscendo ad evitare sia il fuoco che i morsi letali della coda. In un epico scontro, l’aveva sconfitta conficcand­ole la punta della lancia nella gola infuocata, finché il piombo dell’arma si era fuso, soffocando­la.

La fine di Bellerofon­te, altrettant­o rapida della sua ascesa, era stata causata, come spesso accade nel mondo greco, dalla sua eccessiva hybris o presunzion­e. Sentendosi un dio, l’eroe con Pegaso si era diretto verso l’Olimpo, ma Zeus, irritato, aveva mandato un tafano a pungere il cavallo, che aveva disarciona­to Bellerofon­te facendolo precipitar­e a terra. Azzoppato e forse pure cieco, Bellerofon­te aveva finito la sua vita da mendicante. Il re degli dei aveva invece accolto Pegaso, che usava per trasportar­e i suoi fulmini, e l’aveva poi assunto in cielo, trasforman­dolo nell’omonima costellazi­one.

Plinio il Vecchio, sulla scorta del greco Ctesia di Cnido, aveva spiegato razionalme­nte il mito della Chimera, derivandol­o da un fenomeno naturale presente in Licia, su un monte detto appunto Chimera, un’area oggi chiamata in turco Yanartas, «rocce fiammeggia­nti». Qui, gas naturali di origine metamorfic­a s’incendiano creando fuochi perenni, che fin dall’antichità erano usati dai navigatori come punto di riferiment­o. Alla leggenda della Chimera alludono parecchi autori antichi, da Omero nell’Iliade, Esiodo nella Teogonia, fino a Ovidio e a Virgilio, ma tutti sono lontani dalla nostra idea di chimera. Come si è giunti al significat­o attuale?

Come altri miti antichi, anche la Chimera è un simbolo flottante, capace di modificare il suo significat­o a seconda del contesto culturale e religioso, anche a distanza di molti secoli. Probabilme­nte fu la pesante critica fatta da ebrei e cristiani nei confronti degli animali mitologici della cultura classica a caricare la Chimera del significat­o di illusione tanto vana quanto pericolosa. Di questo dibattito intercultu­rale sugli animali e sul loro simbolismo si trova traccia nelle fonti antiche, per esempio nello scontro, nel I secolo d.C., fra l’ebreo Filone di Alessandri­a, ostile alla zoolatria egiziana e al politeismo in favore di una divinità invisibile e spirituale, ed il suo acerrimo nemico, il grammatico egiziano Apione, che invece esaltava le virtù umane e divine di molti animali, e difendeva a spada tratta la mitologia greca.

Ne conseguiro­no ulteriori dispute in ambito cristiano sulle caratteris­tiche ed il significat­o degli animali, veri o fantastici. Forse in seguito a queste polemiche, nei bestiari medievali la Chimera diventa l’incarnazio­ne del demonio, rappresent­ato come un mostro ingannevol­e, simbolo dell’ipocrisia e della frode. È spesso accompagna­ta dalla Manticora, altra bestia ibrida che i Greci e i Romani collocavan­o in India, con testa umana, corpo di leone e coda di scorpione, forse derivato da divinità babilonesi, e a cui i cristiani associavan­o vizi e caratteris­tiche diaboliche. Oggi questi mitici animali sono migrati nel campo dell’intratteni­mento, e prosperano nella letteratur­a fantasy, nei giochi di ruolo e nei videogioch­i.

 ??  ?? L’opera La bronzo etrusco probabilme­nte opera di un’ équipe di artigiani, databile verso la seconda metà o la fine del V secolo a. C., è conservata nel Museo archeologi­co nazionale di Firenze. È alta 65 centimetri. Combina forme e stili greci o...
L’opera La bronzo etrusco probabilme­nte opera di un’ équipe di artigiani, databile verso la seconda metà o la fine del V secolo a. C., è conservata nel Museo archeologi­co nazionale di Firenze. È alta 65 centimetri. Combina forme e stili greci o...

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