Corriere della Sera - La Lettura

Starace farsesco? Non in fatto di sport

Una ricerca smentisce in parte gli stereotipi sul segretario del Pnf

- Di ANTONIO CARIOTI

Achille Starace, segretario del Partito nazionale fascista dal 1931 al 1939, è passato alla storia come una macchietta per la sua tronfia retorica. Di certo non aveva carisma e Benito Mussolini, verso cui nutriva una devozione maniacale, lo nominò proprio perché lo sapeva innocuo e obbediente, per poi disfarsene come si fa c0n una scarpa vecchia.

Starace però ha un altro volto, illustrato da Enrico Landoni nel saggio Gli atleti del Duce (Mimesis): da presidente del Comitato olimpico (Coni), carica che assunse nel 1933 sostituend­o l’irrequieto Leandro Arpinati, mostrò notevoli capacità organizzat­ive e «atteggiame­nti e intuizioni di straordina­ria modernità e particolar­e acume» nello sfruttare la sinergia tra sport e mass media, specie cinema e radio. Se la nazionale di calcio vinse due mondiali e un’olimpiade fra il 1934 e il 1938, una buona parte del merito va a Starace e al suo efficiente braccio destro Giorgio Vaccaro. Ma tutto il movimento sportivo, compresa la parte femminile, verso cui all’inizio era assai diffidente, ricevette da lui un impulso enorme, finanziari­o e mediatico: tra l’altro dal 1936 ogni domenica venne trasmesso alla radio il secondo tempo della partita più importante, un anticipo del futuro sacro appuntamen­to dei tifosi con Tutto il calcio minuto per minuto.

Landoni conclude il libro con le leggi razziali del 1938, per lo sport un vero disastro. Ma al lettore resta la curiosità di sapere che cosa avvenne dopo: anche in questo campo il declino del regime non è meno interessan­te dei suoi successi.

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ENRICO LANDONI Gli atleti del Duce MIMESIS Pagine 228, € 22

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