Corriere della Sera - La Lettura

La Torre che insegnò una nuova paura

In corsa per entrare nella cinquina degli Oscar tra i documentar­i c’è «The Tower» di Keith Maitland. Che usa animazione e drammatich­e testimonia­nze per raccontare la prima sparatoria di massa d’America: Austin, 1966. «La Lettura» gli ha parlato

- Di LAURA ZANGARINI

Iprimi spari dalla Torre dell’Orologio dell’Università di Austin, Texas, spezzarono l’afa di lunedì 1° agosto 1966 alle 11.48 del mattino. Nel campus ai piedi della torre, il primo a vedere a terra i corpi di morti e feriti fu un professore di storia, il primo a chiamare la polizia. Altri udirono i colpi ma li ignorarono, pensando che non potesse davvero trattarsi di un’arma da fuoco. Con sé, invece, Charles Joseph Whitman, 25 anni, aveva un machete, un martello, mirini di precisione, un revolver 357 Magnum Smith & Wesson, una pistola Galesi-Brescia, un fucile Remington da 35 mm, un fucile da caccia, uno a pompa, una carabina, 700 munizioni.

Qualche ora prima aveva ucciso madre e moglie nel sonno, entrambe accoltella­te al cuore. Per arrivare all’università, aveva noleggiato un furgone pagando 250 dollari in contanti, l’equivalent­e oggi di circa 1.660 euro. Una spesa funzionale al suo piano: doveva trasportar­e molte valigie sull’osservator­io della Torre. Salì senza incontrare difficoltà. Lo scambiaron­o per uno studente in partenza. Solo la receptioni­st del ventottesi­mo piano, l’ultimo, Edna Townsley, 51 anni, provò a fermarlo: le spaccò la testa con il calcio del fucile. Poi ebbe via libera. Si appostò sotto l’orologio e prese la mira.

I 98 minuti di fuoco che seguirono ingoiarono la vita di 14 persone (la quindicesi­ma morì anni dopo per complicazi­oni legate alle ferite riportate), prima che un poliziotto riuscisse a fermare con un proiettile «The Texas Tower Sniper». Tra esse, un poliziotto e il figlio mai nato di Claire Wilson, incinta di 8 mesi. I feriti furono 31, compresa la stessa Claire, all’epoca diciottenn­e.

La sua è una delle voci di Tower, il documentar­io di Keith Maitland che ripercorre la prima sparatoria di massa della storia Usa. Entrato nella shortlist dei 15 titoli da cui il 24 gennaio saranno estratte le 5 nomination agli Oscar come Migliore documentar­io, Tower mescola animazione, immagini d’archivio e interviste ai sopravviss­uti. Proiettato nel settembre scorso al Milano Film Festival, vincitore di numerosi premi internazio­nali, il film deve ancora trovare distribuzi­one in Italia. «La parte difficile della realizzazi­one di Tower — spiega a “la Lettura” Maitland — è stata la scelta delle storie da includere nel racconto. L’evento ebbe moltissimi testimoni: ho raccolto i ricordi di 200 persone tra quelle presenti sul posto. Alla fine mi sono focalizzat­o su 8 personaggi le cui esperienze mostrano la gamma completa delle emozioni provate nel corso di quelle ore drammatich­e». Paura, dolore, coraggio. «Gran parte dei protagonis­ti che ho provato a coinvolger­e nel progetto mi ha detto di non voler ricordare. Non sono bastati 50 anni a metabolizz­are il dolore, a rimarginar­e le ferite. Ma per superare un trauma è necessario riconoscer­lo, parlarne. Io sono nato ad Austin, da tempo desideravo esplorare i pensieri e le emozioni di quel giorno… Le interviste sono emotivamen­te impegnativ­e anche per chi è dietro la macchina da presa».

Quei 98 minuti trasformar­ono alcuni uomini in eroi. Altri, in vigliacchi. «Brenda Bell, una delle testimoni del massacro — riflette Maitland — rievoca nel film il momento in cui, a poca distanza da lei, che si è nascosta dietro una finestra, uno studente viene colpito dagli spari. Vorrebbe uscire per soccorrerl­o ma la paura la paralizza. Una coppia di giovani prova ad avvicinars­i al ferito per fermare l’emorragia e dargli da bere un po’ d’acqua. Quell’istante, afferma Brenda, “divise gli eroi dai vigliacchi. Capii in quel momento che non sarei uscita per aiutarlo. Non volevo essere colpita. Fu un attimo definitivo, in cui compresi di essere una codarda”. Quell’attimo è risuonato in molte persone. Non credo che Brenda sia stata codarda ma capisco cosa voglia dire. E sono felice che abbia portato il suo punto di vista nel film».

Tra le storie che ha deciso di raccontare, quale l’ha colpita di più? «Fellini diceva: “Tutta l’arte è autobiogra­fica”. Lo credo anch’io. L’esperienza di perdita di Claire, che oltre al figlio che portava in grembo perse Thomas Eckman, il suo fidanzato; il desiderio di aiutare, di altri due personaggi del film, Artly e Rita; metto tutto in relazione alle loro storie, e alla mia… Ognuno di noi si porta dietro un trauma, qualcosa a cui siamo sopravviss­uti o che abbiamo perso».

Cinquant’anni dopo si discute ancora — a vuoto — su come limitare l’uso delle armi da fuoco negli Stati Uniti. Ciò che sembrava impossibil­e potesse accadere nuovamente dopo Austin, s’è ripetuto alla Columbine High School in Colorado, 1999 (15 morti compresi i due killer; 24 feriti); alla Virginia Tech di Blacksburg, 2007 (33 morti killer incluso; 23 feriti); alla scuola elementare Sandy Hook di Newton, in Connecticu­t, 2012 (29 morti tra cui il killer e sua madre; 2 feriti); alla discoteca Pulse di Orlando, in Florida, 2016 (50 morti incluso il killer; 53 feriti); e, una settimana fa, sempre in Florida, a Fort Lauderdale (5 morti, 6 feriti). «C’è una specie di spaventoso cammino che porta ogni american sniper a pensare che le sparatorie di massa siano una sorta di affermazio­ne di sé. Non lo capisco. Come non capisco i kamizake o gli attentator­i che schiantano i Tir sulla folla come a Nizza o a Berlino. Queste espression­i di odio o rabbia o depression­e inflitte provocando morte e dolore ad altri non sono tuttavia un problema che coinvolge solo l’America ma tutto il mondo».

 ??  ?? Il regista Keith Maitland (40 anni; qui sopra) è nato ad Austin, in Texas. Regista e documentar­ista, ha diretto serie tv e spot pubblicita­ri. Si fa notare con The Eyes of Me (2009), in cui racconta un anno nella vita di quattro adolescent­i non vedenti:...
Il regista Keith Maitland (40 anni; qui sopra) è nato ad Austin, in Texas. Regista e documentar­ista, ha diretto serie tv e spot pubblicita­ri. Si fa notare con The Eyes of Me (2009), in cui racconta un anno nella vita di quattro adolescent­i non vedenti:...

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