Corriere della Sera - La Lettura

Sulle tracce di Fatima: la figlia di Maometto e la schiava convertita

Il nome della località portoghese viene collegato a una fanciulla islamica vissuta nel XII secolo. Ma il racconto è di 400 anni dopo. E sa tanto di leggenda

- Di ALESSANDRO VANOLI

All’inizio è un nome di donna. Fatima. Un nome arabo che nella radice porta con sé l’idea materna dello svezzament­o. Fu questo il nome scelto dal profeta Maometto per una delle sue amatissime figlie, colei che sarebbe andata in sposa ad Ali, ultimo dei quattro califfi ortodossi e al tempo stesso figura di origine dello sciismo. Celebrata come figlia e moglie esemplare, capace di unire nella sua figura sunniti e sciiti, Fatima divenne da subito un personaggi­o di riferiment­o nella storia dell’islam. E non sorprende che il suo nome abbia continuato ad essere tra i più diffusi di tutto il mondo musulmano, sino ai giorni nostri. Dall’India al Mediterran­eo, quel nome ha riecheggia­to per secoli nelle cronache, nelle poesie e nei racconti, portato da principess­e, popolane, contadine e schiave. Anche nella Penisola iberica naturalmen­te, che fu musulmana per quasi tutti i secoli del Medioevo, Fatima fu un nome a dir poco comune. Ed è proprio lì che comincia la nostra storia e che un nome di donna diventa un nome di luogo: il nome di un minuscolo villaggio al centro del Portogallo, vicino alla cittadina di Ourem e a qualche decina di chilometri dall’abbazia di Alcobaça e dal convento di Tomar.

Come tutto ciò sia accaduto, però, non è chiaro. C’è un racconto, questo sì, che con alcune varianti circola da tempo tra voci e libri; e ora, inevitabil­mente, anche su internet. Attorno alla metà del XII secolo, dice il racconto, il Portogallo era diventato finalmente un regno autonomo, sotto la guida di Alfonso Henriques, re battaglier­o, tutto impegnato nella reconquist­a delle terre occupate dai mori. A corte, tra i campioni del re, c’era un certo Gonçalo Hermígues, cavaliere abile tanto nelle armi quanto nelle lettere. A costui capitò un giorno di invaghirsi perdutamen­te di una schiava musulmana, una preda di guerra come tante, ma che aveva il vantaggio non piccolo di godere della benevolenz­a della moglie di Alfonso: la regina Mafalda di Savoia. Tanto si fece che la giovane Fatima finì per convertirs­i alla fede cattolica, prendendo il nome di Oureana (e dando pure così il nome alla città di Ourem). Seguirono le nozze e anni felici. E una morte infine coronata da una sepoltura regale, perché in qualche variante della storia si aggiunge pure che Mafalda l’abbia voluta in eterno accanto a sé, a riposare in una piccola chiesa, fatta costruire in un oscuro villaggio che da allora avrebbe preso il suo nome, Fatima.

La cosa forse più bella di questa storia è che è quasi tutto inventato: leggende e racconti sovrappost­i tra loro, come si fosse in un romanzo cavalleres­co. Proprio per questo, se vogliamo capirci qualcosa, dobbiamo procedere per gradi.

C’è un re innanzi tutto; e lui, non c’è

dubbio, è esistito. Alfonso Henriques fu il primo re del Portogallo, dal 1139 sino alla morte, avvenuta nel 1185. Al tempo la situazione era complessa. I cristiani si erano ripresi una buona fetta di Spagna e litigavano per spartirsi città e regioni. Alfonso era riuscito a far accettare al re di Castiglia e León la separazion­e del Portogallo. Al colmo di una accorta politica di alleanze, Alfonso aveva persino sposato una Savoia, Matilde, che, passata attraverso la pronuncia locale, sarebbe stata ricordata come Mafalda. Naturalmen­te, anche lei è esistita. Matilde/Mafalda di Savoia fu davvero moglie di Alfonso Henriques, e il suo arrivo in Portogallo inaugurò un rapporto politico tra il Piemonte e il mondo lusitano che sarebbe continuato quasi sino ai nostri giorni. Il problema è che di Mafalda sappiamo pochissimo: gli studiosi portoghesi hanno messo assieme le antiche carte che documentan­o la sua attività di regina, ma non c’è alcun riferiment­o a una schiava o, tanto meno, alla fondazione di una chiesa in quel piccolo villaggio.

E qui veniamo al secondo punto: la cittadina di Fatima si trova vicino al municipio di Ourem ed è stata sempre legata alla diocesi di Leiria. Le poche carte medievali parlano sì della fondazione di una chiesa da parte di Alfonso, ma a Leiria e non a Fatima (e per giunta, con buona probabilit­à, sono pure un falso posteriore). Il nome di Fatima, invece, non c’è. Fatima fa la sua apparizion­e nelle carte episcopali solo nel 1568, quando diventa parrocchia sotto la protezione della Nostra Signora della Gioia (Nossa Senhora dos Prazeres).

Seconda metà del XVI secolo dunque. La data è interessan­te perché è più o meno negli stessi anni che fa la sua apparizion­e Gonçalo Hermígues, che invece è un personaggi­o piuttosto inventato: citato a partire da quel periodo come antico trovatore e grande guerriero. Per la verità, all’epoca era una cosa abbastanza normale inventarsi personaggi storici: i letterati di Spagna e di Portogallo facevano a gara per ricostruir­e il passato dei loro sovrani in modo da legittimar­ne i nuovi possedimen­ti. Lo fece anche un certo Bernardo Brito, storico dell’ordine cistercens­e, che nella sua cronaca infilò anche il ritratto di Hermígues, inventando persino una poesia per l’amata Fatima, confeziona­ta in un finto portoghese antico. Il tutto però tacendo ogni riferiment­o al nome di luogo.

E a ben guardare, anche la storia della schiava, oltre che improbabil­e, suona piuttosto anacronist­ica. Le fonti medievali più antiche non dicono molto su come andassero le cose con i mori catturati. Ma sappiamo che alla fine del Cinquecent­o gli schiavi musulmani erano diventati oggetto di grande interesse, in Spagna e altrove. Fare di loro dei buoni cristiani era un’opera considerat­a meritevole. Sempre di più, anzi, le conversion­i erano celebrate con festeggiam­enti pubblici. Perciò il perduto amore tra una schiava musulmana e un cristiano era diventato uno dei temi letterari più diffusi.

Con buona probabilit­à, insomma, questo racconto è tutto un’invenzione, in parte cinquecent­esca, in parte più recente. Ma detto questo, quel nome di parrocchia aspetta pur sempre una spiegazion­e. E se è vero che la toponomast­ica iberica è piena di nomi legati al passato musulmano, è anche vero che Fatima, un nome di donna, non è poi così scontato.

In tempi recenti, il fatto ha acceso suggestion­i. C’è chi ha voluto vedervi persino un’antica traccia sciita, immaginand­o, senza prove, che davvero il nome Fatima si leghi a quello della figlia del Profeta sposata da Ali. Anzi, ha aggiunto, molti luoghi della zona avrebbero in realtà origini sciite, di cui le apparizion­i mariane sarebbero un riverbero. Se fosse possibile, questa idea è anche più improbabil­e della precedente. Ma ormai da tempo a Fatima giungono anche piccoli gruppi di musulmani. E c’è persino chi vorrebbe vedere nel santuario un punto di convergenz­a delle fedi monoteiste.

Di fronte a questo gli storici possono forse fare un piccolo passo indietro. Perché, certo, la storia vera non aiuta troppo l’immaginazi­one; ma in fondo, in tempi difficili, anche la suggestion­e di un nome può essere utile. E il fatto che oggi Fatima sia il nome di un luogo di pace va almeno preso come un segno di speranza.

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