Corriere della Sera - La Lettura
Sulle tracce di Fatima: la figlia di Maometto e la schiava convertita
Il nome della località portoghese viene collegato a una fanciulla islamica vissuta nel XII secolo. Ma il racconto è di 400 anni dopo. E sa tanto di leggenda
All’inizio è un nome di donna. Fatima. Un nome arabo che nella radice porta con sé l’idea materna dello svezzamento. Fu questo il nome scelto dal profeta Maometto per una delle sue amatissime figlie, colei che sarebbe andata in sposa ad Ali, ultimo dei quattro califfi ortodossi e al tempo stesso figura di origine dello sciismo. Celebrata come figlia e moglie esemplare, capace di unire nella sua figura sunniti e sciiti, Fatima divenne da subito un personaggio di riferimento nella storia dell’islam. E non sorprende che il suo nome abbia continuato ad essere tra i più diffusi di tutto il mondo musulmano, sino ai giorni nostri. Dall’India al Mediterraneo, quel nome ha riecheggiato per secoli nelle cronache, nelle poesie e nei racconti, portato da principesse, popolane, contadine e schiave. Anche nella Penisola iberica naturalmente, che fu musulmana per quasi tutti i secoli del Medioevo, Fatima fu un nome a dir poco comune. Ed è proprio lì che comincia la nostra storia e che un nome di donna diventa un nome di luogo: il nome di un minuscolo villaggio al centro del Portogallo, vicino alla cittadina di Ourem e a qualche decina di chilometri dall’abbazia di Alcobaça e dal convento di Tomar.
Come tutto ciò sia accaduto, però, non è chiaro. C’è un racconto, questo sì, che con alcune varianti circola da tempo tra voci e libri; e ora, inevitabilmente, anche su internet. Attorno alla metà del XII secolo, dice il racconto, il Portogallo era diventato finalmente un regno autonomo, sotto la guida di Alfonso Henriques, re battagliero, tutto impegnato nella reconquista delle terre occupate dai mori. A corte, tra i campioni del re, c’era un certo Gonçalo Hermígues, cavaliere abile tanto nelle armi quanto nelle lettere. A costui capitò un giorno di invaghirsi perdutamente di una schiava musulmana, una preda di guerra come tante, ma che aveva il vantaggio non piccolo di godere della benevolenza della moglie di Alfonso: la regina Mafalda di Savoia. Tanto si fece che la giovane Fatima finì per convertirsi alla fede cattolica, prendendo il nome di Oureana (e dando pure così il nome alla città di Ourem). Seguirono le nozze e anni felici. E una morte infine coronata da una sepoltura regale, perché in qualche variante della storia si aggiunge pure che Mafalda l’abbia voluta in eterno accanto a sé, a riposare in una piccola chiesa, fatta costruire in un oscuro villaggio che da allora avrebbe preso il suo nome, Fatima.
La cosa forse più bella di questa storia è che è quasi tutto inventato: leggende e racconti sovrapposti tra loro, come si fosse in un romanzo cavalleresco. Proprio per questo, se vogliamo capirci qualcosa, dobbiamo procedere per gradi.
C’è un re innanzi tutto; e lui, non c’è
dubbio, è esistito. Alfonso Henriques fu il primo re del Portogallo, dal 1139 sino alla morte, avvenuta nel 1185. Al tempo la situazione era complessa. I cristiani si erano ripresi una buona fetta di Spagna e litigavano per spartirsi città e regioni. Alfonso era riuscito a far accettare al re di Castiglia e León la separazione del Portogallo. Al colmo di una accorta politica di alleanze, Alfonso aveva persino sposato una Savoia, Matilde, che, passata attraverso la pronuncia locale, sarebbe stata ricordata come Mafalda. Naturalmente, anche lei è esistita. Matilde/Mafalda di Savoia fu davvero moglie di Alfonso Henriques, e il suo arrivo in Portogallo inaugurò un rapporto politico tra il Piemonte e il mondo lusitano che sarebbe continuato quasi sino ai nostri giorni. Il problema è che di Mafalda sappiamo pochissimo: gli studiosi portoghesi hanno messo assieme le antiche carte che documentano la sua attività di regina, ma non c’è alcun riferimento a una schiava o, tanto meno, alla fondazione di una chiesa in quel piccolo villaggio.
E qui veniamo al secondo punto: la cittadina di Fatima si trova vicino al municipio di Ourem ed è stata sempre legata alla diocesi di Leiria. Le poche carte medievali parlano sì della fondazione di una chiesa da parte di Alfonso, ma a Leiria e non a Fatima (e per giunta, con buona probabilità, sono pure un falso posteriore). Il nome di Fatima, invece, non c’è. Fatima fa la sua apparizione nelle carte episcopali solo nel 1568, quando diventa parrocchia sotto la protezione della Nostra Signora della Gioia (Nossa Senhora dos Prazeres).
Seconda metà del XVI secolo dunque. La data è interessante perché è più o meno negli stessi anni che fa la sua apparizione Gonçalo Hermígues, che invece è un personaggio piuttosto inventato: citato a partire da quel periodo come antico trovatore e grande guerriero. Per la verità, all’epoca era una cosa abbastanza normale inventarsi personaggi storici: i letterati di Spagna e di Portogallo facevano a gara per ricostruire il passato dei loro sovrani in modo da legittimarne i nuovi possedimenti. Lo fece anche un certo Bernardo Brito, storico dell’ordine cistercense, che nella sua cronaca infilò anche il ritratto di Hermígues, inventando persino una poesia per l’amata Fatima, confezionata in un finto portoghese antico. Il tutto però tacendo ogni riferimento al nome di luogo.
E a ben guardare, anche la storia della schiava, oltre che improbabile, suona piuttosto anacronistica. Le fonti medievali più antiche non dicono molto su come andassero le cose con i mori catturati. Ma sappiamo che alla fine del Cinquecento gli schiavi musulmani erano diventati oggetto di grande interesse, in Spagna e altrove. Fare di loro dei buoni cristiani era un’opera considerata meritevole. Sempre di più, anzi, le conversioni erano celebrate con festeggiamenti pubblici. Perciò il perduto amore tra una schiava musulmana e un cristiano era diventato uno dei temi letterari più diffusi.
Con buona probabilità, insomma, questo racconto è tutto un’invenzione, in parte cinquecentesca, in parte più recente. Ma detto questo, quel nome di parrocchia aspetta pur sempre una spiegazione. E se è vero che la toponomastica iberica è piena di nomi legati al passato musulmano, è anche vero che Fatima, un nome di donna, non è poi così scontato.
In tempi recenti, il fatto ha acceso suggestioni. C’è chi ha voluto vedervi persino un’antica traccia sciita, immaginando, senza prove, che davvero il nome Fatima si leghi a quello della figlia del Profeta sposata da Ali. Anzi, ha aggiunto, molti luoghi della zona avrebbero in realtà origini sciite, di cui le apparizioni mariane sarebbero un riverbero. Se fosse possibile, questa idea è anche più improbabile della precedente. Ma ormai da tempo a Fatima giungono anche piccoli gruppi di musulmani. E c’è persino chi vorrebbe vedere nel santuario un punto di convergenza delle fedi monoteiste.
Di fronte a questo gli storici possono forse fare un piccolo passo indietro. Perché, certo, la storia vera non aiuta troppo l’immaginazione; ma in fondo, in tempi difficili, anche la suggestione di un nome può essere utile. E il fatto che oggi Fatima sia il nome di un luogo di pace va almeno preso come un segno di speranza.