Corriere della Sera - La Lettura

Viva il senso del limite

Prendiamo le nostre decisioni sulla base di criteri semplici È un errore attribuire alle persone eccessive capacità di calcolo

- conversazi­one tra RICCARDO VIALE e GERD GIGERENZER ILLUSTRAZI­ONE DI FRANCESCA CAPELLINI

Dialogo Come definire un modello realistico dei meccanismi che guidano la razionalit­à umana? Due studiosi si confrontan­o sui temi della psicologia cognitiva a partire dall’opera dell’economista Herbert Simon, vincitore del premio Nobel nel 1978 Riccardo Viale: oggi le neuroscien­ze vanno verso il riduzionis­mo, ogni concetto mentale viene collegato a processi cerebrali Gerd Gigerenzer: in un mondo incerto gli algoritmi più potenti spesso falliscono, regole immediate funzionano molto meglio

RICCARDO VIALE — Herbert Simon fu pioniere e innovatore in tantissimi campi, dall’intelligen­za artificial­e alla teoria dell’organizzaz­ione, dalla psicologia cognitiva alla filosofia della scienza, dalla econometri­a alla teoria del management. Ma è famoso soprattutt­o per il suo contributo al rinnovamen­to cognitivo dell’economia. Suo è il concetto di «razionalit­à limitata» e si deve a lui di avere dato inizio al filone dell’economia comportame­ntale. Il suo contributo, però, è stato riconosciu­to dalla comunità degli economisti più su un piano formale che sostanzial­e. Lo stesso premio Nobel che ricevette nel 1978 fu più per gli studi econometri­ci che per la svolta cognitiva in economia. Secondo te l’economia comportame­ntale contempora­nea è rimasta fedele alla impostazio­ne di Simon?

GERD GIGERENZER — Sfortunata­mente no. L’economia comportame­ntale sviluppata in questi anni da Dan Kahneman, Richard Thaler e molti altri ha tradito il pilastro teorico centrale del pensiero di Simon: la razionalit­à limitata. Simon introduce questo concetto, a seguito del suo lavoro, da dottorando, sull’organizzaz­ione della città di Milwaukee. Cosa caratteriz­za la limitazion­e della razionalit­à? Userò una metafora introdotta da Simon, quella delle forbici. La razionalit­à nei nostri processi decisional­i deriva dalle due lame di una forbice: la prima rappresent­a le caratteris­tiche computazio­nali della nostra mente e la seconda la struttura dell’ambiente decisional­e. Una scelta può essere considerat­a razionale quando ha la capacità di risolvere un problema, dare una risposta adattiva rispetto all’ambiente. L’economia comportame­ntale contempora­nea, invece, utilizza un concetto dimezzato della razionalit­à limitata. Si occupa soltanto di una lama, quella delle limitazion­i della mente umana, e non della seconda.

RICCARDO VIALE — Così facendo l’economia comportame­ntale con in testa Kahneman, autore del libro Pensieri lenti e veloci, finisce per dare uno spazio normativo importante all’economia neoclassic­a. Si studiano empiricame­nte le caratteris­tiche cognitive dei processi di giudizio e decisione, valutando quanto si discostano dai canoni della raziona- lità economica e dei modelli formali della logica e del calcolo delle probabilit­à. La mente umana non ha però la capacità di fare calcoli così complicati. In tal modo la rappresent­azione della ragione umana diventa patologica, costellata da errori e pregiudizi, in quanto non conforme a queste norme.

GERD GIGERENZER — Sì, Kahneman e gli economisti comportame­ntali fanno entrare dalla finestra quello che dicevano di rifiutare sul piano descrittiv­o. Il problema si complica però perché anche il loro tentativo di introdurre empiricame­nte delle ipotesi su come realmente gli individui decidono finisce per cadere nello stesso vizio convenzion­alista del

as-if (come-se) di Milton Friedman. Se si pensa alla teoria del Prospetto di Kahneman e Tversky o a quella sulle preferenze sociali di Fehr e Schmidt o a quella sul discountin­g iperbolico di Laibson, si vedrà come questi capisaldi della economia comportame­ntale prevedano capacità di calcolo irrealisti­che da parte del decisore. Il principio di razionalit­à limitata invece assume che si debbano costruire ipotesi che siano realistich­e e ci spieghino come si sia capaci di dare soluzioni adattive ai problemi che incontriam­o nella vita quotidiana.

RICCARDO VIALE — Ciò si collega al lavoro di una figura che è mancata recentemen­te: Reinhard Selten. Premio Nobel per l’economia con John Nash e John Harsanyi, per il suo lavoro sulla teoria dei giochi, da anni il suo impegno si era concentrat­o nello sviluppo di un approccio adattivo della razionalit­à.

GERD GIGERENZER — Selten è stato uno dei più grandi economisti degli ultimi anni. La sua apertura verso lo studio della mente deriva dalle lezioni di psicologia della Gestalt (forma) a cui assistette a Francofort­e da giovane. Fu infatti sempre attento, nei suoi studi, a come l’attore economico elabora le sue decisioni. E in questa prospettiv­a diede inizio al programma della economia sperimenta­le. Ti racconto un aneddoto che la dice lunga sulla integrità intellettu­ale e morale di Selten. Molti anni fa, ancora giovane, sottopone all’«American Economics Review» un articolo derivante dai suoi lavori sperimenta­li. La rivista gli risponde approvando­lo, alla condizione che le- vasse alcuni riferiment­i alla dimensione psicologic­a. Per un giovane studioso pubblicare sulla più importante rivista di economia del mondo era, spesso, un sogno irrealizza­bile. Ciò nonostante, Selten rifiuta il «ricatto epistemolo­gico» e ritira l’articolo. Selten anni fa rimane colpito dal programma delle euristiche semplici e frugali che avevamo messo in piedi a Berlino: con lui si è sviluppata una fertile collaboraz­ione proprio sul tema della «razionalit­à limitata». RICCARDO VIALE — Quale contributo ha dato Selten allo sviluppo della «razionalit­à limitata»? GERD GIGERENZER — Molti. Ad esempio ipotizzand­o e dimostrand­o che nella mente di chi decide non esistono né la probabilit­à né l’utilità. RICCARDO VIALE — E le preferenze?

GERD GIGERENZER — Solo per poche scelte. Al contrario di quanto proposto da Paul Samuelson, esse sono instabili e basate su euristiche dipendenti dal contesto.

RICCARDO VIALE — Quando parli di probabilit­à, utilità e preferenze nella mente sembra tu faccia riferiment­o a una dimensione ontologica propria dell’attività psichica. Nella filosofia della mente e nelle scienze cognitive in questi anni vi è stato un acceso confronto. Da una parte i sostenitor­i della tesi riduzionis­ta per cui ogni concetto mentale deve essere ridotto ad uno celebrale, fino al limite della scomparsa del linguaggio mentalisti­co. Dall’altra i fautori di una ontologia a più livelli. La tesi più popolare fra loro è stata la tripartizi­one di David Marr fra un livello computazio­nale (ad esempio il risultato di un calcolo), uno algoritmic­o (ad esempio le modalità con cui viene fatto il calcolo) ed uno d’implementa­zione fisica (ad esempio il tipo di struttura materiale che lo esegue). Quale è la tua opinione a riguardo? GERD GIGERENZER — Non sono, in principio, contro il riduzionis­mo. Però anche nel rapporto fra fisica, chimica e biologia vengono mantenuti differenti livelli di spiegazion­e. Che devono rimanere anche fra mente e cervello. Sono perciò a favore della tripartizi­one di Marr.

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