Corriere della Sera - La Lettura
Le parole per spiegarlo ai bambini
La recente pubblicazione dello «Zanichelli Junior» arricchisce l’offerta di dizionari tarati sulle giovanissime e giovani generazioni. «La Lettura» li ha confrontati: i testi certificano la rapida metamorfosi della lingua e della società A ogni età i suoi
Il vocabolario cresce con l’età. Via via che diventiamo adulti, entriamo in contatto con un numero sempre maggiore di parole. Ed è importante che quelle parole impariamo a capirle e a usarle. I cosiddetti dizionari pedagogici sono pensati proprio per accompagnare questo progressivo ampliamento dell’universo lessicale.
Babbo Natale jr
Di questa categoria fa parte anche il recente Zanichelli Junior, rivolto agli studenti della scuola secondaria. Dunque a una fascia d’età superiore a quella per cui è stato pensato il Primo Zanichel
li (ultima edizione 2010) e a cui si rivolgono — tra gli altri — il Nuovo DevotoOli junior (Le Monnier, 2015) e Il mio
primo dizionario MIOT (Giunti Junior, ultima edizione 2014). Balza subito agli occhi — a proposito di significati — che quello di junior è ampio e un po’ oscillante: «Si dice di un prodotto per bambini e ragazzi», come annota la voce dell’omonimo Zanichelli. Solo che, in fatto di parole, bambini e ragazzi hanno esigenze diverse.
La protagonista dell’ultimo romanzo di Fabio Genovesi, Chi manda le onde (Mondadori, 2015), rimane sconvolta — in prima media — dal tema Le piccole grandi delusioni della vita: cosa ho provato quando ho scoperto che Babbo Natale non esiste («No, dico, in che senso Babbo Natale non esiste?»). Ma forse era ora che anche lei lo sapesse. Nello Zanichelli rivolto agli studenti delle medie e del primo biennio delle superiori, infatti, Babbo Natale è definito «personaggio fantastico». Non così nel Devoto-Oli rivolto a quelli delle elementari. Non nell’ultima edizione, almeno. «Una mamma ci ha scritto, chiedendoci di non spezzare ancora l’incanto», racconta a «la Lettura» Biancamaria Gismondi, caporedattrice di quel dizionario. Così la definizione ora recita: «Personaggio che secondo la tradizione rappresenta il Natale; è un vecchio dalla barba bianca che porta regali ai bambini».
Parole che parlano di sé
Sono mondi diversi, quelli dei bambini e dei ragazzi, che richiedono definizioni diverse. E scritte in una lingua diversa: usando solo parole comprensibili a quell’età. «Il principio aureo a cui attenersi — spiega Lorenzo Ambrogio, revisore dello Zanichelli Junior — è quello di usare nelle definizioni solo le parole che vengono spiegate nello stesso dizionario». Nell’introduzione del suo Dizio
nario Elementare (1977), Giuseppe Pittàno riportava un dialogo con il figlio di sei anni che, dopo aver cercato una parola nel dizionario, era andato a farsela rispiegare in modo semplice da lui. «Perché non scrivono così anche nel dizionario?», protestava il bambino.
Perché un bambino capisca una parola sono fondamentali gli esempi, che a ogni parola danno una funzione e un contesto. Al punto che nel Primo Zani
chelli , curato da Mario Cannella, gli esempi precedono la definizione: « Bovi
no. Il bue, il bisonte e il bufalo sono dei bovini». Ma di grande aiuto possono essere — specie se narrate in una zona a parte, come fa il Devoto-Oli junior — anche le etimologie, che offrono una sorta di spiegazione interna. « Nausea. Il termine deriva dal greco nausìa “mal di mare”, che viene a sua volta da naûs “nave”».
Noi siamo piccoli, ma cresceremo
L’esigenza di un dizionario a misura di bambino comincia a essere avvertita, in Italia, solo nel secondo dopoguerra. La prima risposta è il Piccolo dizionario
della lingua italiana di Fernando Palazzi (1953), che — continuamente rinnovato — si trova ancora oggi in libreria (l’ultima edizione, a cura di Mary Gislon e Rosetta Palazzi, è stata pubblicata da Hoepli nel 2016).
Piccolo, certo: ma quali parole deve contenere un vocabolario per bambini? Ovvero: quali sono le parole fondamentali, le prime che bisogna imparare per maneggiare adeguatamente una lingua? A queste domande ha cercato di dare una risposta il Vocabolario di base curato da Tullio De Mauro nel 1980, basato sulla frequenza d’uso delle diverse parole (una nuova versione è stata pubblicata in rete il mese scorso). Proprio da quell’esperienza è nato il Dizionario di base della lingua italiana (Paravia, l’ultima edizione è del 2000), nel quale le parole sono distinte in «fondamentali», «frequenti», «strategiche».
Oggi, la scelta tiene in considerazione soprattutto il lessico dei libri di testo. E anche i vocabolari tendono a presentarsi come libri di testo, espandendo il loro raggio d’azione. Sia in senso enciclopedico, come per quelli che lo Zanichelli
Junior chiama gli «spiegaesempi», sia in senso grammaticale: fornendo ampie indicazioni riguardo a plurali e femminili, coniugazioni e reggenze, pronuncia e ortografia. Il simbolo che introduce questi approfondimenti grammaticali nel MIOT è un occhio, nel Devoto-Oli una puntina da disegno, nello Zanichelli una bomba con la miccia accesa.
Parole minate
Ma le vere parole minate, in questo tipo di dizionari, sono forse altre: le parole a vario titolo tabuizzate. Sono ormai lontani gli anni in cui ai ragazzi «pareva spinta e non pronunciabile davanti a donne anche la locuzione metaforica ri
farsi una verginità », come ricordava il linguista Giovanni Nencioni della sua giovinezza primo novecentesca. Infatti tutti i dizionari junior danno per vergine il significato sessuale e, più in generale, affrontano con equilibrata chiarezza le parole riferite a questa sfera. «Se il criterio è la concreta utilità che la conoscenza di questa o quella parola può avere nelle variegate esperienze linguistiche dei bambini — dice Mario Venturi, curatore delle ultime edizioni del MIOT — nessun ambito e nessun registro è a priori censurato».
Un deciso passo in avanti, se si tiene conto che nel 1981 Il mio primo diziona
rio illustrato di Aldo Gabrielli, rivolto a ragazzi fino ai 13 anni, preferiva omettere il lemma sesso. Altri tempi: tempi in cui le pagine dedicate all elette reJeK potevano rimanere vuote, eccezion fatta per una breve nota in cui si consigliava di scrivere iuventus e chimono. Oggi invece si va da jackpot a junk food, da kara
oke a k-way (in cui la lettera è pronunciata all’inglese). Bambini e ragazzi, d’altra parte, sono perfettamente abituati a quelle che tradizionalmente si considerano lettere straniere. Perfettamente a loro agio tra yogurt e yo-yo (come si chiama il canale Rai dedicato ai più piccoli), ma anche tra web, wiki e wi-fi («www mi piaci tu», come cantavano qualche anno fa quei ragazzini). Un mondo di parole, le parole di un nuovo mondo.