Corriere della Sera - La Lettura

Ecco a voi, ecco a noi Le due filosofie del presentato­re

Dal ’55 il Festival racconta il rapporto tra l’Italia e la tv: un rito. Fenomenolo­gia dell’officiante

- Di ALDO GRASSO

«Signore e signori, benvenuti al Casinò di Sanremo per un’eccezional­e serata organizzat­a dalla Rai, una serata della canzone con l’orchestra di Cinico Angelini. Premieremo, tra le 240 composizio­ni inviate da altrettant­i autori italiani, la più bella canzone dell’anno. Le 20 canzoni prescelte vi saranno presentate in due serate e saranno cantate da Nilla Pizzi e da Achille Togliani con il duo vocale Fasano». Era il 29 gennaio 1951, un lunedì, e alla radio veniva trasmesso per la prima volta il Festival della canzone italiana. Il presentato­re si chiamava Nunzio Filogamo e l’anno dopo esordirà con il suo celebre saluto: «Miei cari amici vicini e lontani, buonasera, ovunque voi siate».

Elegante, educato, colto, fine dicitore, Filogamo simboleggi­a il modello del presentato­re classico, quello dei grandi spettacoli di Broadway, quello dell’«Ecco a voi…». La sua misura è lo stile, lo smoking la sua torre d’avorio. Del resto, nomen omen, è giusto che Nunzio sia stato il padre di tutti gli annunziato­ri. Ma quando nel 1955 la Rai decide di offrire la scena televisiva al Festival, Giulio Razzi, direttore artistico della manifestaz­ione, direttore della radio, uno degli autori di Faccetta

nera, sceglie come conduttore Armando Pizzo, ritenuto più telegenico. In realtà, sono in molti a sospettare che Filogamo sia stato scartato per i modi fin troppo educati e «sospettosa­mente» gentili (solo nel 1957 il buon Nunzio riuscì a condurre il «suo» Festival).

Armando Pizzo, Fausto Tommei, Gianni Agus, Enzo Tortora, Paolo Ferrari, Enza Sampò, Lilli Lembo, Giuliana Calandra, Renato Tagliani… Il presentato­re ideale del «vecchio» Sanremo è quello che si presenta al pubblico e con voce chiara dice: «Ed ecco a voi

Buongiorno tristezza di Ruccione e Fiorelli, dirige l’orchestra il maestro Cinico Angelini, canta Claudio Villa!». Se è bravo, spesso aiutato da due vallette, riesce a dare ritmo alla trasmissio­ne senza perdersi troppo in chiacchier­e. Questo primo modello s’incarna perfettame­nte in Mike Bongiorno. Mike non tenta mai, facendola, di prendere le distanze dalla tv, di distrugger­la con la pretesa di svelarne i meccanismi occulti. Lui preferisce operare sull’idea che noi abbiamo della tv. Riduce le sue frontiere rigide, abbassa le sue altezze immaginari­e, le assegna sempre un posto subordinat­o rispetto alle esigenze di chi la guarda. Genialment­e, nel fare e nel raccontare la tv, sceglie sempre il punto di vista del «semplice».

Il Festival subisce due traumi che ne cambiano radicalmen­te la natura rappresent­ativa. Il primo è la morte di Luigi Tenco (1967): nonostante l’enorme impression­e destata dal tragico evento, la manifestaz­ione canora prosegue, incapace di gestire il lutto. Inconsape-

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