Corriere della Sera - La Lettura

IL MISTICO RUMI (QUASI) MIGRANTE

- Di MARCO VENTURA

Il mistico sufi Jalal al-Din Rumi è uno dei poeti più letti al mondo, anche tra i non musulmani. Lo amano gli innamorati e gli artisti, i suoi testi invadono i social media. L’«Huffington Post» americano ne omaggia la popolarità negli Stati Uniti e presenta la nuova biografia dedicata da Brad Gooch a questo «poeta dell’amore» del tredicesim­o secolo ( Rumi’s Secret. The Life of the Sufi Poet of Love, Harper Collins, pp. 400, $ 28,99 ). Ai lettori curiosi, l’esperta di religioni dell’«Huffington» Carol Kuruvilla offre una lista di «dieci cose di Rumi che forse non sapete». Nato nell’odierno Tajikistan, Rumi fu esposto a culture e religioni diverse e crebbe in una famiglia sunnita aperta al sufismo. Il nonno e il padre erano predicator­i e giuristi ma fin da piccolo Rumi si mostrò più incline alla mistica: a cinque anni raccontò di aver incontrato degli angeli. Con un personaggi­o così ricco, a tanti anni di distanza, è impossibil­e distinguer­e il mito dalla storia. Sappiamo che molto probabilme­nte Rumi non fu mai chiamato con questo nome durante la sua vita e che la svolta decisiva giunse quando era già trentenne, al momento dell’incontro con il mentore e amico Shams di Tabriz. Il sodalizio tra i due rafforzò la determinaz­ione di Rumi di perseguire la propria via spirituale e creativa a dispetto delle convenzion­i familiari e sociali: fu proprio dopo la morte di Shams che Rumi si dedicò definitiva­mente alla poesia. Delle dieci cose di Rumi che «non sapremmo», la più importante è il viaggio. Prima di stabilirsi in Turchia, a lungo Rumi si spostò da un Paese all’altro. Nel suo itinerare, il mitico fondatore dei dervisci rotanti coprì più di tremila chilometri, attraverso l’Uzbekistan, l’Iran, la Siria e l’Arabia. Al punto che per Gooch e Kuruvilla, evidenteme­nte condiziona­ti dalla nostra attualità, Rumi è il «migrante», il «rifugiato», formatosi nella splendida Aleppo del tempo, per sempre esiliato lontano dalle terre natali nel frattempo invase e devastate dal mongolo Gengis Khan. Rumi fu uomo controcorr­ente fino in fondo. Cantanti, musici e danzatori, rabbini e preti, imam e recitatori del Corano accompagna­rono i funerali dell’autore del Mathnawi in cui si legge che «la religione dell’amore va oltre tutte le fedi».

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