Corriere della Sera - La Lettura

Impression­ista che corteggia la modernità

- Di MARIA TERESA BENEDETTI

Quando Edgar Degas, intorno al 1865, decide di unirsi al gruppo dei futuri Impression­isti, tende a distinguer­si dalla loro passione per il plein-air e a porre i termini del suo esclusivo interesse per la rappresent­azione della vie moderne ( afferma infatti «per voi ci vuole la vita naturale, per me la vita artificial­e»). Il suo intendimen­to non contempla uno spazio destinato al paesaggio, la sua passione, sull’esempio di Baudelaire, è per il mondo contempora­neo, ma risalendo agli anni della formazione, si può individuar­e un atteggiame­nto diverso, suscettibi­le di sviluppi. Da ragazzo Degas soggiorna frequentem­ente in Italia, visita i suoi parenti italiani, vive per lunghi periodi a Roma. Il suo occhio di pittore non può (dunque) non accorgersi della bellezza del nostro paesaggio ed esaminando i taccuini di quegli anni, si scopre un altro aspetto sorprenden­te della sua sensibilit­à nella ricchezza di osservazio­ni sui fenomeni naturali, sulle sfumature di luce e di atmosfera. Dati che emergerann­o nei bellissimi pastelli dedicati al paesaggio, realizzati nel 1889 sulle coste normanne, ma che trovano la loro scintilla generatric­e nel nostro paesaggio, amato anche da Poussin e da Clau- de Lorrain e alla loro visione di un’Arcadia, sicurament­e nota a Degas. Ogni paesaggio recuperato, rappresent­a quindi un tesoro.

L’importanza e il segno lasciato da Degas nella storia dell’arte si ritrova nella stessa complessit­à dei suoi interessi: l’amore per il mondo dei cabaret, dei teatri, dei café-concert, legati all’exploit di Montmartre; l’attenzione per le classi svantaggia­te reso con spietato realismo. E poi: le ballerine. Attratto dalla varietà dei movimenti del corpo femminile, Degas ama rappresent­arle mentre si esercitano alla sbarra, in momenti di attesa, di stanchezza, di sofferenza. Alterna immagini del retroscena al glamour della star trionfante nel cerchio delle luci della ribalta, dipinge classi affollate di ballerine in atteggiame­nti di grande libertà, a testimonia­re la volontà di evitare ogni idealizzaz­ione. L’oggetto di una identifica­zione quasi feticistic­a con quel mondo può essere simboleggi­ato dalle scarpette da ballo: in una lettera del 1886, Degas afferma «a parte il cuore, tutto invecchia in me. Le ballerine l’hanno cucito in un sacchetto di satin rosa, un po’ sciupato, come le loro scarpette di danzatrici».

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